In “Giallo al Cimitero Maggiore” di Paola Varalli, ,la nuova inchiesta della “premiata ditta” si inoltra impunemente, ma in modo felice, nel terreno dell’umorismo nero, proponendo una vicenda torbida e misteriosa, con finale a sorpresa, che coinvolge cari estinti e servizi funebri.La commedia brillante gialla è un genere difficilissimo. Prima di tutto perché le storie poliziesche hanno un forte e irriducibile risvolto drammatico che mal si concilia con la levità e il garbato senso dell’umorismo che sono il sale della commedia brillante. C’è poi la difficoltà intrinseca di questo genere: se, com’è noto, far ridere è molto più arduo che far piangere, far sorridere con gusto e intelligenza lo è addirittura di più.
Naturalmente, poiché di giallo continua a trattarsi, resta l’ostacolo di dover soddisfare il requisito fondamentale di offrire al lettore una credibile e interessante storia criminale.
Paola Varalli, architetto dalla penna al curaro
Paola Varalli, autrice varesotta trapiantata a Milano, architetto dai poliedrici interessi – tra cui una facilità a dir poco straordinaria a sciorinare “palindromi” -ha oramai da tempo vinto la scommessa mettendo in scena nei suoi romanzi le cosiddette “squinzie”, Anita Valli e Mirella Bonatti.
Per chi non lo sapesse, “squinzia” è un termine dispregiativo del gergo milanese poi assurto a connotazione di costume universale, al punto che il vocabolario Treccani lo registra sotto questa definizione: “ragazza smorfiosa, pretenziosa e civetta”.
Tutto un programma, visto che Valli e Bonetti, l’una restauratrice e l’altra architetto proprio “ragazze” non sono, anche se, non stentano loro stesse ad ammetterlo, parecchio “squinzie” in chiave autoironica secondo la definizione treccaniana sì.
Ecco dunque un altro elemento di complicazione: a reggere l’impianto dei “gialli brillanti” della Varalli sono due donne, laddove, anche questo si sa, il femminile, per ingiusto storico pregiudizio, stenta a decollare nel registro umoristico.
Umorismo nero e servizi funebri
Valli e Bonetti rimandano, giusto per alzare ancora l’asticella, a due modelli teatrali e cinematografici molto famosi: “la strana coppia” di Jack Lemmond/Walter Matthau, e “attenti a quei due” di Tony Curtis/Roger Moore.Infatti le “squinzie” convivono, tutto sommato felicemente ma con i sempiterni problemi della convivenza, sotto lo stesso tetto come Felix Hungar e Oscar Madison e hanno il vizio di impicciarsi da non professioniste di faccende pericolose a sfondo criminale come Daniel Wilde e Brett Sinclair.
Ne esce un cocktail in cui le due investigatrici per caso finiscono per occuparsi di inchieste spinose, mettendoci dentro, oltre che un’acume e una tenacia da poliziotte di razza, una capacità di guardare alle cose della vita, la loro e quella degli altri, con accattivante ma pungente bonarietà di filosofe disincantate.
In “Giallo al Cimitero Maggiore“, Fratelli Frilli, come indica il titolo, si raggiunge il diapason di questo taglio narrativo.
La nuova inchiesta della “premiata ditta” si inoltra infatti impunemente, ma in modo felice, nel terreno dell’umorismo nero o del noir umoristico che dir si voglia, proponendo una vicenda torbida e misteriosa, con finale a sorpresa, che coinvolge cari estinti e servizi funebri.
Poiché si scorrono le pagine divertendosi e invogliati a scoprire dove si andrà a parare, la lettura è vivamente consigliata.Rino Casazza Guarda gli ultimi libri di Rino Casazza – QUI