
Ecco cosa dice la legge sui danni da vaccino, sia sotto il profilo penale che sotto quello civile. Dallo scudo penale al consenso informato, dal bugiardino ai casi in cui la responsabilità non può essere esclusa
di Rino Casazza
Ha suscitato sconcerto il caso dello sfortunato carabiniere mantovano Pietro Taurino, di cui ha scritto Manuel Montero su Fonte del blog in questo post. La magistratura inquirente, come riporta un articolo de La Voce di Mantova, ha disposto una perizia medica per chiarire le ragioni della sua morte, avvenuta il 17 marzo 2021. Lo scorso 5 novembre, nonostante gli esperti consultati siano giunti alla conclusione che il decesso è da ritenersi correlato all’assunzione del vaccino Astrazeneca, il procuratore capo della città lombarda e il suo sostituto, competenti per l’istruttoria penale, hanno avanzato al gip richiesta di “non luogo a procedere” per il reato di omicidio colposo (con imputati ancora da individuare) sostenendo che nel caso in questione opererebbe l’esenzione dalla responsabilità penale, il c.d. “scudo penale, – vedi legge n° 76 del 28 maggio 2021 – per i danni da reazione avversa vaccinale nel corso dell’emergenza pandemica.
Nel momento in cui scriviamo non si conosce ancora la decisione del giudice.
La vicenda offre lo spunto per approfondire la disciplina legale degli effetti indesiderati della vaccinazione.
A tal riguardo, bisogna distinguere tra:
-
- responsabilità civile;
- responsabilità penale.
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1. RESPONSABILITA’ CIVILE
Sotto questo primo aspetto, si tratta di stabilire chi e in quali casi debba rispondere del risarcimento del danno qualora la somministrazione di uno dei vaccini anticovid provochi conseguenze negative sulla salute, o addirittura il decesso, di una persona.
La responsabilità per danno vaccinale rientra nella previsione dell’art. 2043 del codice civile che si occupa del risarcimento per qualsiasi tipo di danno subito da una persona a causa del fatto illecito commesso da un’altra.
La norma prevede che chiunque leda un diritto altrui – nel nostro caso, il diritto alla salute o alla vita – è tenuto a ripristinare la situazione precedente alla lesione. Qualora questo non sia possibile, il danneggiatore è tenuto a corrispondere l’equivalente economico-monetario del danno arrecato.
Tralasciando il caso del danneggiamento voluto, che configura reati gravissimi come l’omicidio intenzionale e le lesioni volontarie, ci troviamo nel campo della colpa, ovvero di un comportamento incauto da parte del danneggiatore, che non si attiene alle specifiche regole di diligenza, perizia e prudenza previste per l’attività considerata.
Ci sono più livelli di comportamento lesivo.
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CHI SOMMINISTRA IL VACCINO
Il più intuitivo riguarda l’operatore sanitario (medico o infermiere) che materialmente effettua la somministrazione del vaccino. E’ ovvio pretendere che l’iniezione sia fatta a regola d’arte. Poi, la somministrazione del trattamento sanitario deve avvenire nel rispetto dei criteri previsti al momento del rilascio dell’autorizzazione al commercio del farmaco da parte dell’organismo pubblico preposto, ovvero l’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco. Per esempio, se il vaccino va somministrato in ragione dell’età del vaccinando, l’operatore sanitario deve accertarsi prima di procedere che questi abbia il requisito anagrafico.
Ciò vale anche per altre precauzioni, come ad esempio l’obbligo di svolgere prima del trattamento una “anamnesi” (raccolta di notizie mirate riguardanti il paziente) per accertarsi che il somministrando non abbia situazioni personali o patologie controindicanti al trattamento, come sarebbe una determinata sensibilità allergica. Un altro importante dovere dell’operatore sanitario che somministra il vaccino è quello di acquisire dal somministrando il cosiddetto consenso informato, regolato dalla legge 219 del 2017 . In sintesi, in accordo con il diritto internazionale e le direttive dell’Unione Europea, si prevede che un medico, prima di sottoporre un paziente a un determinato trattamento sanitario, debba fornirgli informazioni sull’utilità dello stesso per la sua salute e su quali rischi corra, dato che possono verificarsi complicazioni o effetti collaterali. Il medico è tenuto ad accertarsi che il paziente abbia ben compreso quanto gli è stato comunicato. E’ rigorosamente vietato al professionista sanitario omettere questa fase preventiva di informazione, ritenuta fondamentale dal punto di vista deontologico.
Passiamo ad esaminare gli altri livelli di responsabilità civile per effetto avverso vaccinale.
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GLI ORGANISMI PUBBLICI
E’ intuitivo che gli organismi pubblici (nel nostro caso soprattutto l’AIFA) preposti a esaminare l’idoneità del vaccino ad una somministrazione su larga scala possano essere chiamati in causa per responsabilità civile qualora nel processo di valutazione e autorizzazione si individuino colpe.
Per fare un ipotetico caso limite, potrebbe accadere che l’autorità competente, per errore, stabilisca che il vaccino possa essere somministrato a una categoria di persone esplicitamente esclusa dalla stessa casa farmaceutica nelle avvertenze per l’uso.
LE CASE FARMACEUTICHE
Questo discorso offre lo spunto per introdurre il livello di responsabilità civile più critico, quello riguardante i produttori del vaccino.
Innanzitutto le case farmaceutiche, nell’istanza di autorizzazione alla commercializzazione del farmaco, devono attenersi rigorosamente alle regole e agli step previsti per la sperimentazione preventiva di ogni preparato farmacologico, fornendo affidabile ed esaustiva documentazione.
Inoltre, devono predisporre e aggiornare con puntualità il cosiddetto “bugiardino”, ovvero la dettagliata, e spesso un po’ astrusa, informativa scritta sulle caratteristiche e gli effetti del farmaco. Benché faccia bella mostra di sé dentro la confezione delle medicine, normalmente noi pazienti ce ne disinteressiamo dando per scontato, e giustamente, che il medico che ce lo prescrive la conosca a menadito.
Nel caso di un vaccino, è evidente che la conoscenza del bugiardino deve formare oggetto specifico del “consenso informato” richiesto al vaccinando. Chi ha fatto il vaccino anticovid ricorderà, se ha letto il modulo del consenso informato scritto sottopostogli per la firma prima dell’inoculazione, che viene espressamente richiamato.
Ma fino a che punto l’elaborazione, e revisione periodica del “bugiardino” rappresenta per la casa farmaceutica garanzia di non dover rispondere dei danni per effetto avverso?
Poiché un farmaco va considerato alla stregua di qualsiasi altra merce in commercio, bisogna riferirsi alla normativa generalmente dettata per i prodotti difettosi. Stiamo parlando degli art. 117 e seguenti del Codice del Consumo, contenuto nel Decreto legislativo, 06/09/2005 n° 206.
Secondo questa legge un prodotto è difettoso “quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere” . In questo caso, se ne deriva un danno per il consumatore, scatta la responsabilità del produttore.
Com’è facile immaginare, si è formata una giurisprudenza specifica per quanto riguarda i difetti dei farmaci. A tal riguardo farò riferimento alla novità più recente, costituita dalla sentenza 10 maggio 2021, n. 12225 della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione.
Innanzitutto, v’è da notare che, come ogni altra merce, un farmaco è considerato difettoso, e quindi potenzialmente insicuro e dannoso in due casi:
- c’è un difetto di fabbricazione, ovvero fin dall’origine il farmaco nuoce alla salute di chi lo assume perché mal concepito;
- mancano o sono inadeguate le istruzioni per correttamente assumerlo;
Essendo il “bugiardino” del farmaco nient’altro che le “istruzioni” di cui sopra, sono intuitive le conseguenze. Fermo restando che in ogni singolo caso concreto deve essere accertata, in base a rigorose valutazioni medico-legali, la correlazione tra somministrazione ed effetti avversi, ci sarà responsabilità civile del produttore non solo quando si manifesta una conseguenza infausta sfuggita alla casa farmaceutica al momento di fabbricare il vaccino (viene in mente, ad esempio, il caso tristemente noto delle disabilità sofferte dai figli delle madri che durante la gravidanza avevano assunto il “talidomide”) ma altresì quando l’effetto avverso non viene indicato nel bugiardino.
La sentenza della Cassazione succitata puntualizza in modo più severo e restrittivo questa seconda possibilità. Non basta più la semplice indicazione sul bugiardino che potrebbe verificarsi un determinato effetto avverso, ma l’informativa deve essere circostanziata. In altre parole il paziente dev’essere messo in condizione di correttamente valutare “in considerazione delle peculiari condizioni personali, della particolarità e gravità della patologia nonché del tipo di rimedi esistenti”, i pro e i contro della terapia, in modo che possa adottare “tutte le necessarie precauzioni volte ad evitare l’insorgenza del danno“. Solo a queste condizioni il paziente può essere ritenuto in grado di “volontariamente e consapevolmente sottoporsi al rischio”.
Non sfuggirà a chi legge che, con riguardo ai vaccini anticovid, non dovrebbe più bastare scrivere sul “bugiardino” che il vaccinato potrebbe contrarre, putacaso, una miocardite, ma egli dovrebbe sapere, anche eventualmente in relazione alla sua appartenenza a una determinata categoria di persone, qual è la possibilità di ammalarsi della patologia da cui il vaccino vuol proteggerlo, potendo così fare un confronto tra i due rischi. Non solo: egli dovrebbe essere edotto sulle precauzioni che si possono prendere sia per evitare l’insorgere della reazione avversa, sia per arginarne tempestivamente gli effetti.
Sottolineo che, essendo la novità giurisprudenziale recentissima e per di più non proveniente dall'”ultima istanza” della Cassazione, ovvero le “Sezioni Unite Civili”, la storia del nuovo orientamento è tutta da scrivere.
Per chiudere l’argomento della responsabilità civile, rimane ancora un ultimo, non secondario aspetto.
La legge 210/92 stabilisce che, qualora siano accertate a carico di un vaccinato reazioni avverse con conseguenze permanenti sulla sua salute, le stesse, se il vaccino è obbligatorio, devono essere indennizzate dallo Stato.
Sottolineo che si tratta di un “indennizzo”, ovvero un importo economico non calcolato secondo i criteri di un risarcimento civilistico, incentrati sull’imputabilità del danneggiatore, ma comunque non irrilevante. Lo Stato, inoltre, è normalmente molto più solvibile di un soggetto privato.
Come ho già scritto in questo post ,dopo la sentenza della Corte Costituzionale n° 118/2020, l’indennizzo di cui alla legge 210/92 spetta non solo in caso di vaccinazioni obbligatorie, ma anche per quelle raccomandate dallo Stato.
Nessun dubbio che la vaccinazione anticovid 19 rientri in questa seconda categoria.
In un servizio della trasmissione di RAI 3 “Report”, che ha suscitato parecchio scalpore , è emerso che le case produttrici dei vaccini anticovid hanno preteso che negli accordi commerciali con la Commissione Europea per la fornitura dei vaccini ai paesi della Ue venisse inserita una cosiddetta “clausola di manleva”.
Questo genere di patto consiste nell’assunzione su di sé, da parte di una delle parti in un contratto, delle conseguenze economiche per risarcimento danni derivanti dalla sua esecuzione.
A quanto si sa, la “manleva” accordata dalla commissione europea ai produttori dei vaccini anticovid è “tombale” , ovvero ricomprende tutti i casi di colpa.
Dal “combinato disposto” della legge 210/92 e dell’accordo di fornitura europeo dei vaccini, risulterebbe dunque che , in Italia, del danno per reazione avversa vaccinale riconducibile a “difetto del prodotto” risponda solo lo stato attraverso lo specifico indennizzo.
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2. RESPONSABILITA’ PENALE
I reati che possono derivare da una “mala” somministrazione dei vaccini anticovid sono l’omicidio o le lesioni personali colpose, articoli 589 e 590 del Codice Penale.
I livelli di responsabilità che possono venire in considerazione sono gli stessi della responsabilità civile, con una basilare differenza: essendo la responsabilità penale personale (art. 27 della Costituzione), si tratterà, di volta in volta, di incriminare per omicidio o lesioni colpose di un vaccinato, e e sottoporre a regolare processo:
- l’operatore sanitario ( medico o infermiere) che ha materialmente effettuato, in modo scorretto, la somministrazione;
- il funzionario o i funzionari dell’AIFA od altro organismo pubblico preposto che hanno commesso nell’esercizio delle loro funzioni errori inescusabili nell’autorizzazione del vaccino o nella vigilanza sulla sua somministrazione;
- il dirigente o i dirigenti della casa produttrice del vaccino che hanno commesso errori inescusabili nel vigilare che il il prodotto fosse privo di difetti pericolosi per la salute del vaccinando.
Come abbiamo anticipato nel riportare la notizia delle indagini preliminari sulla morte del carabiniere Paolo Taurino, la legge n° 76 del 28 maggio 2021, che ha convertito il decreto legge n. 44/2021 prevede una disciplina speciale, durante lo stato di emergenza pandemico, per i reati di omicidio e lesioni colpose legati alla somministrazione dei vaccini.
Stiamo parlando degli artt. 3 e 3bis di questo provvedimento legislativo.
Comprendere la portata, e soprattutto coordinare, queste due disposizioni non è agevole, ma l’interpretazione più appropriata sembra la seguente:
- l’art. 3 riguarda i somministratori materiali (medico o infermiere) di un vaccino anticovid e ne esclude la responsabilità penale in caso di omicidio colposo e lesioni personali colpose qualora il vaccino sia stato somministrato in modo conforme alle indicazioni delle autorità competenti;
- l’art. 3bis riguarda tutti gli altri livelli di responsabilità, prevedendone la punibilità per omicidio colposo e lesioni personali, durante tutto lo stato di emergenza, solo in caso di colpa grave. Questa deve essere accertata avendo riguardo alla limitatezza delle conoscenze scientifiche in materia e delle risorse umane e materiali disponibili.
Si tratta, dunque, di uno “scudo” che difende il responsabile solo quando il reato è commesso a causa di una negligenza, imprudenza e imperizia di lieve entità.
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