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Covid, un Paese medievale in “vigile attesa”

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Il ministero della Salute, che consigliava di non fare le autopsie ai morti di Covid (nemmeno fossimo nel Medioevo), prosegue la linea della “vigile attesa” per i contagiati. E solo il 27 luglio, un anno e mezzo dopo l’inizio della pandemia, alcuni funzionari governativi hanno “concesso” un colloquio al Comitato “Terapia Domiciliare Covid-19”: centinaia di medici di base e ospedalieri che chiedono di cambiare il protocollo ministeriale sulle cure a casa

 

C’è un gruppo Facebook che raduna qualcosa come 600mila persone. La particolarità è che si tratta di medici, operatori sanitari e guariti dal Covid. Da oltre un anno e mezzo chiedono di incontrare il ministro della Salute Roberto Speranza, ma solo il 27 luglio sono riusciti a vedere alcuni dirigenti del Palazzo, grazie alla petizione di quasi 30mila cittadini. Eppure la richiesta di un incontro appare quanto mai urgente: far approvare un diverso protocollo sulle terapie domiciliari per il Sars-Cov-2. Tra loro – il “Comitato Terapia Domiciliare Covid-19” presieduto dall’avvocato Erich Grimaldi – non ci sono maghi o gente che promette miracoli. Ma centinaia di medici di base, di quelli che ci curano da anni e per tutta la vita, 150 dei quali radunati in Lombardia e dintorni dal dottor Andrea Mangiagalli, medico di famiglia a Pioltello. C’è un altro medico, Riccardo Szumski, che giura di non aver avuto decessi tra i suoi pazienti in un anno e mezzo. Ma ci sono anche svariati primari ospedalieri di enorme prestigio, tra cui spicca il professor Luigi Cavanna di Piacenza, oncologo finito nel maggio 2020 nientemeno che sulla copertina del Time. Il tutto dopo aver rivelato l’esito delle sue terapie domiciliari sul Covid: «Su 250 pazienti curati a domicilio – disse a Il Giornale – le posso dire che nessuno di loro è morto. Né a casa né in ospedale. Di questi, è stato ricoverato meno del 5% e tutti sono tornati a casa, di cui la metà entro pochi giorni». Niente, fino al 27 luglio 2021 nè il ministro, nè i suoi dirigenti hanno avuto tempo o voglia di vederli.

Perché in Italia vige ancora la “vigile attesa” per gli ammalati: paracetamolo e, da qualche tempo, al limite, antinfiammatori. No ad antibiotici se non in casi estremi, no a corticosteroidi di routine, no all’antimalarico idrossiclorochina usato da centinaia di dottori perché – come recitava una circolare ministeriale dello scorso aprile – la sua “efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici randomizzati fino ad ora condotti”. Come dire: non è scienza. Anche se, a dirla tutta, le uniche indicazioni totalmente contrarie alla scienza sul Covid sono arrivate proprio dalle direttive ministeriali, come quando si suggeriva incredibilmente ai medici di non fare autopsie. E solo disobbedendo, all’ospedale di Bergamo si scoprì che in troppi erano morti per trombosi e non di polmonite.

E, a proposito di idrossiclorochina – su cui si è arrivati a corsi e ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato – vale la pena ricordare che la sperimentazione in Italia fu bloccata proprio dopo che il Time pubblicò la copertina sul professor Cavanna, dando risalto internazionale alla sua cura che vedeva al centro il noto farmaco antimalarico. Fu infatti appena più tardi che uno studio poi rivelato dal Guardian come un clamoroso falso venne inspiegabilmente pubblicato dalle due più importanti riviste di medicina del mondo, Lancet e New England. Tale studio sosteneva che l’idrossiclorochina fosse inefficace e pericolosa. Ma era tutto inventato da tale Sapan Desai, dottore plurindagato per malasanità, da una modella porno e da uno scrittore di fantascienza. Perchè nessuno abbia indagato su uno scivolone del genere delle due riviste resta un mistero. Di fatto, nonostante il ritiro dello studio sbugiardato, l’Aifa non riprese la sperimentazione, che invece prosegue, sotto l’egida dell’Agenzia Europea dei Medicinali, a Oxford e in Olanda.

Da noi no, i risultati dei medici sul campo non bastano. Dicono che per una cura servano prove in doppio cieco, prove certe. Ma questi sono medici di base e ospedalieri, che sostengono di aver curato le polmoniti come si è sempre fatto, e per le quali le evidenze ci sono dunque da oltre un secolo, con antibiotici e consolidate terapie per le malattie respiratorie, ovviamente diverse dall’attesa di un aggravamento. Come Riccardo Munda, medico precario a Nembro, cuore mondiale della pandemia, che dice di non aver avuto decessi tra i suoi 700 pazienti in una zona dove nella primavera 2020 si moriva come mosche. Il punto, naturalmente, non è se costoro possiedano la panacea al morbo.

Il punto è che in Italia sono decedute dal febbraio dello scorso anno quasi 130mila persone, abbiamo uno dei più alti tassi di mortalità del mondo in un sistema sanitario d’eccellenza dove però – è sotto l’occhio di chiunque – qualcosa non va se lo confrontiamo con quanto accade all’estero. E a fronte di cure proposte da medici in trincea, che vanno di casa in casa e che escono dagli ospedali per andare dai pazienti – guariti e che sono lì a testimoniarlo -, di fronte a terapie domiciliari asseritamente di successo predisposte da dipendenti del servizio sanitario nazionale anche di altissima levatura, come il professor Cavanna, ecco di fronte a tutto questo il ministro della Salute cosa fa? Niente. Non fa nulla: li ha ignorati per un anno e mezzo. Di più. Si va avanti a carte bollate e il ministero impedisce a riconosciute professionalità di adottare una terapia come l’idrossiclorochina, che è sul mercato da decenni contro la malaria (ma anche contro la Sars) e che altrove continuano a sperimentare.

Ma va anche oltre, il ministero, dando linee guida limitative su antibiotici che questi stessi medici giurano di aver utilizzato con successo salvando la vita a migliaia di persone. Una cosa surreale. Come surreale è l’atteggiamento della stampa e della gran parte dell’opinione pubblica, pronta a bollare come “metodo Stamina” qualsiasi soluzione diversa da un vaccino e proveniente da professionisti italiani di specchiata fama, da cui fino a ieri pendevano dalle labbra anche solo per una ricetta. Il tutto davanti ad una “vigile attesa” certamente fallimentare, una sorta di roulette russa che porta gli sventurati che si aggravano dalla casa all’intubazione al decesso. Con quale coraggio un ministero della Salute che suggeriva di non fare le autopsie, manco fossimo nel Medioevo, ha finora deciso di non ascoltarli?

(Anticipazione del MOMENTO di Cronaca Vera, in edicola da martedì 17 agosto)

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