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Le ultime parole dei condannati a morte del Texas

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Il dipartimento di giustizia criminale del Texas mette online vicende, foto e ultime parole dei condannati a morte prima dell’iniezione letale, ripresa nel 1982: da allora oltre 500 persone sono state uccise

 

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Tra le vergogne dell’Occidente che si tende spesso a ignorare una delle peggiori è senz’altro la pena di morte, tuttora applicata in alcuni Paesi di quella che viene definita la più grande democrazia del mondo: gli Stati Uniti. Il dipartimento di giustizia criminale del Texas, Stato in cui si è ripreso a giustiziare dal 1982, ha messo online le ultime parole dei condannati.

Leggi le ultime parole dei giustiziati in Texas – FOTOGALLERY

LA PENA DI MORTE IN TEXAS- Che la pena di morte non sia un deterrente lo dimostrano perfino le statistiche, che piazzano il Texas, con 5,9 omicidi ogni 100 000 abitanti, al quarto posto per delitti negli Usa, con una percentuale superiore alla media. Di fatto, però, dal 1982 (quando cioè la pena capitale è ripresa) oltre 500 persone sono state giustiziate con l’iniezione letale, 13 solo nel 2015. Vanta il triste record di Stato americano che ne ha eseguite di più.

GIOCARE CON LA SPERANZA- Tanti vengono uccisi moltissimi anni dopo la sentenza di condanna, lasciati a giocare con la speranza nel braccio della morte dove, spesso, per i paradossi tutti americani, è vietato fumare.

LE VOCI- Sul sito ecco le voci dei condannati, come Richard Allen Masterson, giustiziato a gennaio 2016 perché tredici anni prima aveva ammazzato un uomo. Le ultime parole le ha dedicate alla fidanzata: “Mandatemi in un posto migliore. Va bene, si vive o si muore in base alle scelte che si fanno. Io ho fatto le mie. Ti amo Renee, ti porto nel cuore. Sono pronto”.

SONO INNOCENTE- C’è chi non parla, chi chiede perdono, chi saluta i famigliari, chi si raccomanda a Dio, ma anche chi si proclama innocente fino alla fine, come Keith Thurmond, giustiziato nel 2012: “Voglio dire che sono innocente, non ho ucciso mia moglie. Lo giuro davanti a Dio”. Com’è noto diverse associazioni hanno documentato, troppo spesso tardi, l’innocenza di molti condannati a morte in America.

IL CASO GACY- Raramente il condannato, stremato da anni di ansia e angoscia per il proprio destino, reagisce in maniera provocatoria davanti al boia. Un’eccezione fu John Wayne Gacy, il serial killer noto come Pogo il Clown che divenne l’icona dei film horror degli anni 70 e 80. Davanti al boia dell’Illinois che gli chiedeva quali parole volesse lasciare al mondo, rispose sicuro: “Baciatemi il culo”.

 

LE FRASI:

 

James Freeman uccise un guardiacaccia. È stato giustiziato il 27 gennaio 2016: “Nessuna dichiarazione prima dell’esecuzione”.

Richard Allen Masterson, 13 anni nel braccio della morte per omicidio. Giustiziato il 20 gennaio 2016, si è rivolto alla fidanzata. “Mandatemi in un posto migliore. Va bene, si vive o si muore in base alle scelte che si fanno. Io ho fatto le mie. Ti amo Renee, ti porto nel cuore. Sono pronto”

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Raphael Deon Holiday, giustiziato per aver ucciso in un rogo la figlia di un anno e due figliastre. Ha detto: “Voglio ringraziare tutte le persone che mi amano e che mi anno sostenuto. Vi amo, sarò sempre con voi”

Licho Escamilla, uccise un agente di polizia. È stato giustiziato nell’ ottobre 2015: “Che Dio vi benedica. Papa Francesco, figlio di Dio, ha chiesto che la mia condanna a morte venisse convertita nel carcere a vita. Ma lo stato del Texas si è rifiutato di ascoltarlo”

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Juan Garcia, condannato per omicidio insieme ad altre tre persone, nelle sue ultime parole si è rivolto alla famiglia della vittima. “Voglio chiedere loro di perdonarmi. Mentre ero in vita ho portato sofferenza a tutti voi. Spero che questo porti a conclusione tutto. Non ho mai voluto farvi del male”. E ancora alla sua famiglia: “Ricordate la mia promessa, sarò sempre con voi”

Daniel Lopez, omcidio: “Spero che questa esecuzione aiuti la mia famiglia e anche la famiglia della vittima. Sono dispiaciuto per tutto quello che vi ho fatto passare. Sono pronto. Spero che tutti noi andremo in Paradiso”

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Lisa Coleman, giustiziata nel 2014, dieci anni dopo la morte del figlio di 9 anni per denutrizione: “Voglio dire alla mia famiglia che li amo, a mio figlio che lo amo. Dite loro che sono stata forte”

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Miguel Paredes, tre omicidi. Iniezione letale nel 2014: “Per le famiglie delle vittime, spero che lascino andare l’odio che ho generato con le mie azioni. Sono arrivato come un leone e me ne vado come un agnello. Sono in pace”

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Kimberly McCarthy, cameriera, uccise una 70enne durante una rapina nel 1997:   “Voglio ringraziare quelli che mi hanno sostenuto in tutti questi anni, questa non è una sconfitta è una vittoria. So dove sto andando, sto tornando a casa per essere con Gesù”

Keith Thurmond, ha negato fino alla fine l’omicidio dell’ex moglie e del compagno: “Voglio dire che sono innocente, non ho ucciso mia moglie. Lo giuro davanti a Dio”

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Michel Sigala, 23 anni, uccise un 27enne e ne violentà la fidanzata: “Voglio chiedere perdono alla famiglia. Non ho ragioni per quello che ho fatto, non so perché l’ho fatto. Spero che possiate vivere il resto dell’esistenza senza odio. E che il Signore mi conceda il perdono”

Willie Pondexter, giustiziato lo stesso anno del delitto di un 85enne: “Possono giustiziarmi ma non possono punirmi perché non ho ucciso un innocente. Non sono pazzo. Ho solo giocato il ruolo che la vita mi aveva dato. Provo molto rimorso per quello che ho fatto. So di aver sbagliato ma vi chiedo di perdonarmi”

Michael Rodriguez, omicidio. “La mia punizione non è nulla rispetto al dolore che ho causato. Non sono abbastanza forte per chiedere perdono perché so di essere in torto. Ho fatto delle cose orribili e adesso sono pronto per andare”

Gregory Edward Wright si è protestato innocente: “C’è molta confusione rispetto a quello che è successo. John Adams ha mentito è stato lui a uccidere Donna Vick. Ero in bagno quando l’ha aggredita, ho cercato di aiutarla ma era troppo tardi. Ho fatto di tutto per provare la mia innocenza, di fronte a voi c’è un uomo innocente”

Charles Nealy ammazzò un uomo durante una rapina: “Lo stato mi sta uccidendo ma sono che sto andando in un posto migliore”

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Reginald Reeves violentò e uccise una 14enne. Si rivolse alla famiglia della vittima: “Spero che tutti impariamo ad amare e a perdonare in modo che ci sia la pace nel mondo. Se tutto questo, la pena capitale, continuerà ad esistere, e non impareremo a perdonare, prima o poi ci distruggeremo. Dovete aprire i vostri cuori a Dio. Chiedo scusa per avervi tolto vostra figlia, e il mio dolore è pari al vostro ma tutto questo non vi darà la pace, perchè questo non è il modo giusto per averla”

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John Amador, rapina e omicidio, giustiziato nel 2007: “Perdonali, perdonali perché non sanno quello che fanno. Pace, libertà. Sono pronto”

Edoardo Montolli per Oggi.it

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Edoardo Montolli

Edoardo Montolli, giornalista, è autore di diversi libri inchiesta molto discussi. Due li ha dedicati alla strage di Erba: Il grande abbaglio e L’enigma di Erba. Ne Il caso Genchi (Aliberti, 2009), tuttora spesso al centro delle cronache, ha raccontato diversi retroscena su casi politici e giudiziari degli ultimi vent'anni. Dal 1991 ha lavorato con decine di testate giornalistiche. Alla fine degli anni ’90 si occupa di realtà borderline per il mensile Maxim, di cui diviene inviato fino a quando Andrea Monti lo chiama come consulente per la cronaca nera a News Settimanale. Dalla fine del 2006 alla primavera 2012 dirige la collana di libri inchiesta Yahoopolis dell’editore Aliberti, portandolo alla ribalta nazionale con diversi titoli che scalano le classifiche, da I misteri dell’agenda rossa, di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti a Michael Jackson- troppo per una vita sola di Paolo Giovanazzi, o che vincono prestigiosi premi, come il Rosario Livatino per O mia bella madu’ndrina di Felice Manti e Antonino Monteleone. Ha pubblicato tre thriller, considerati tra i più neri dalla critica; Il Boia (Hobby & Work 2005/ Giallo Mondadori 2008), La ferocia del coniglio (Hobby & Work, 2007) e L’illusionista (Aliberti, 2010). Il suo ultimo libro è I diari di Falcone (Chiarelettere, 2018)

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