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Chi ha paura di Vallanzasca?

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Un uomo camaleontico, una volta dalle guance piene e la volta dopo secco come un chiodo. Raramente senza baffi, talvolta rasato. Un sorriso beffardo perennemente scolpito su un volto solcato dalle rughe di tanti anni duri scanditi dalle porte delle celle sbattute sul ferro di un’esistenza persa in un immagine leggendaria, truce e romantica al tempo stesso.

Questo è l’incipit di circostanza, tanto per scaldare la punta alla penna. Ora veniamo al dunque.
La banda di Renato Vallanzasca, il nemico pubblico numero uno degli anni ’70, alla fine, si è sgominata da sola. Quasi tutti i suoi appartenenti sono finiti all’altro mondo, chi per fatalità o malattie, chi per “incidenti sul lavoro”. Il “bel Renè” (soprannome da lui giustamente detestato) rinchiuso all’interno dell’ennesimo carcere per una discussa questione di furto in un supermercato.
A tal proposito, una puntualizzazione: all’epoca del furto di mutande e strumenti da giardinaggio all’Esselunga di Viale Umbria, Renato, lavorava presso un vivaio sulla circonvallazione. I boxer risultarono di due taglie più grandi rispetto a quelli usati dall’accusato. I filmati di sorveglianza vennero cancellati e Vallanzasca si vide annullata la semilibertà.
Ora, premessa l’imprevedibilità del personaggio, conoscete un panettiere così folle da andare in un supermercato per fregarsi del pane?
Ad ogni modo torniamo al punto della vicenda.
Ho conosciuto, negli anni, alcuni dei suddetti ex membri della banda Vallanzasca. Uomini anziani, non del tutto sconfitti ma di certo feriti.
Uno di loro, ricordo, una volta mi disse:
“Sono vecchio e ho buttato la mia vita, da coglione. Ora però voglio provare a riscattarmi facendo qualsiasi lavoro, dal garzone al lavapiatti. Alcuni, rimasti nel giro, mi hanno detto – Se nasci con la pistola in mano devi morire con la pistola in mano -. A me però non interessa.”
“E’ una bella cosa” risposi io “Ci vuole coraggio.”
Purtroppo non fece in tempo a portare a termine il meritevole progetto.

Vallanzasca, invece, lo ricordo seduto a tavola che discuteva sulla possibilità che un bambino potesse fin da subito coltivare in sé un seme di violenza. Magari cercava delle attenuanti, più probabilmente provava a capirsi.
Poi, quella stessa volta, lo vidi seduto in terra tra i miei due nipoti (gemelli di cinque anni, all’epoca) intenti a darsele di santa ragione da buoni fratelli. Li divise e disse loro, quasi sottovoce per non farsi sentire, che la violenza non serviva a nulla.
Ora, immaginate quella stessa frase detta da un vostro vicino di casa, un professore o dalla ragazza che vi serve il caffè al bar la mattina. Sembrerebbe una frase scontata, no?
Provate a sentirla dire da un assassino con un ergastolo plurimo ed un permesso di poche ore. Vi sembreranno lapilli di lava sull’anima.
La verità è che gli anni passano e le colpe restano, qualsiasi esse siano. Figuriamoci degli omicidi.
Lo Stato, alla fine, ha vinto. Il nemico pubblico numero uno è piegato sotto il peso degli anni, schiacciato a terra dal lungo braccio della legge e costretto a chiedere grazie mai concesse.
Resta solo un ragionevole dubbio sul senso di una detenzione.
Nel nostro paese non esiste, giustamente, la pena di morte. Se si facesse domani stesso un referendum, a parte il voto a favore dei guerrafondai di professione, difficilmente si accetterebbe di adottare uno strumento così medievale di gestione dell’ordine pubblico. Ma la domanda che sorge spontanea è: un ergastolo senza possibilità di riabilitazione non rappresenta la medesima condanna a morte?
La verità è che bisognerebbe trovare una morale sia nella parole “giustizia” che “vendetta”.

La banda Vallanzasca, temibile associazione a delinquere degli anni ’70, è morta e sepolta.
Restano degli anziani, vittime di loro stessi, rinchiusi a spese dei contribuenti a rimuginare una volta di più sulle vergogne di una gioventù bruciata troppo presto.
Chi ha paura di Vallanzasca?
Probabilmente nessuno, ma non fa niente.

Alex Rebatto

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Alex Rebatto

Alex Rebatto, classe 1979. Ha collaborato nei limiti della legalità con Renato Vallanzasca ed è stato coautore del romanzo biografico “Francis”, sulle gesta del boss della malavita Francis Turatello (Milieu editore), giunto alla quarta ristampa. Ha pubblicato il romanzo “Nonostante Tutto” che ha scalato per mesi le classifiche Amazon. Per Algama ha pubblicato il noir "2084- Qualcosa in cui credere"

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