“Lui mi chiamava sempre ‘Viso d’Angelo’. Era così che mi chiamava quando eravamo soli. Ed era una cosa speciale, tra lui e me. Avvicinava il viso al mio e me lo diceva sottovoce. Mi chiedeva, meravigliato, dove l’avevo trovato, questo viso d’angelo”.
L’angelo nero
C’è un uomo piuttosto magro, con un cappello bianco a tesa larga premuto in testa e una sigaretta, o quel che ne rimane, penzolante ad un angolo delle labbra. Cammina lentamente, soppesando ogni cosa, apparentemente assente.
E’ uno degli uomini più ambiti di Hollywood. Sono in tanti a chiamarlo, a richiederne i servigi, a tentarlo in ogni modo più o meno legale.
Ha un talento raro, quel tizio. Sa scrivere come pochi altri e le sue parole sono scure come la sua giacca sgualcita.
Eppure c’è qualcosa che non va nel suo incedere. Sembra instabile.
Ad Hollywood sanno bene anche questo, è ovvio.
Ci sono delle pessime abitudini nella vita di quell’uomo.
La passione smodata per l’alcol innanzi tutto. E poi quello strano rapporto con la madre.
Quel rapporto morboso.
Nel 1930 aveva sposato Gloria Blackton, figlia del noto regista e produttore cinematografico James Stuart Blackton. Bastarono tre mesi perché il matrimonio finisse. La mancanza della madre portò l’uomo a fare le valigie in fretta e furia rifugiandosi definitivamente da lei, a New York.
Esattamente dieci anni dopo, tra alti e bassi, Cornell scrive La sposa in nero, un vero e proprio grande noir, che darà il via alla “serie nera” dello scrittore. Seguiranno Sipario nero e L’alibi nero, entrambi successi internazionali.
La donna fantasma, scritto con lo pseudonimo di William Irish viene ad oggi considerato uno dei capolavori della letteratura americana.
Nel 1953 Alfred Hitchcock ottiene i diritti su un racconto di Cornell intitolato It had to be murder e lo trasforma ne La finestra sul cortile, forse il suo film più bello.
Nel periodo migliore della carriera dello scrittore la madre Claire muore lasciando Cornell sotto shock e in preda agli incubi.
Siamo nel 1957. Il grande scrittore ha 54 anni, l’abuso di alcol gli ha causato il diabete e un’infezione ad un piede trascurata troppo a lungo costringe i medici ad amputargli una gamba.
Hollywood si dimentica di lui.
Il mondo letterario si dimentica di lui.
Cornell Woolrich prova a pubblicare vecchi racconti già usciti su varie riviste e li spaccia come inediti.
Il pubblico, una volta affezionato, lo abbandona.
Muore in una stanza d’albergo, ormai definitivamente solo, con un ultimo romanzo incompiuto sulla scrivania:
Il perdente.
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