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Veronica Panarello: “Loris morto giocando con le fascette”. Dice il vero?

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Veronica Panarello ha cambiato versione dopo diversi mesi. Ha accompagnato gli investigatori alla ricerca dello zainetto

 

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Veronica Panarello, a due giorni dall’udienza preliminare cambia improvvisamente versione e dice: “Loris è morto giocando con le fascette di plastica”.

LA CASSAZIONE- La nuova versione dei fatti è giunta dopo che la donna ha ricevuto le motivazioni della Cassazione sul no alla scarcerazione. Motivazione nella quale i giudici stabilivano che “c’è un altro grado di probabilità” sulla sua responsabilità nell’omicidio del figlio e la definivano donna dalla “personalità contorta”.

VERBALE SECRETATO?- Nei giorni scorsi Veronica era stata interrogata per sette ore dai magistrati. Si era detto che il verbale era stato secretato. In realtà da subito sono trapelate le notizie più importanti: e cioè che la mamma di Santa Croce Camerina aveva ammesso di non aver portato il figlio a scuola, come anticipato in un incontro in carcere al marito Davide.

LA MORTE DI LORIS- Ora si è saputo anche di più sul successivo interrogatorio: avrebbe ammesso che a Loris è accaduto un “incidente” mentre giocava con le fascette elettriche che lo hanno strangolato. Dopo aver fatto di tutto per salvarlo, presa dal panico e convinta che nessuno le avrebbe creduto, lo ha portato al canalone di Mulino Vecchio per abbandonarlo lì.

UNA VERSIONE IN BILICO- Si tratta di una versione, quella trapelata sui media, che appare strana: com’è possibile che un bambino si strozzi da solo giocando con delle corte fascette autobloccanti da elettricista, fascette che peraltro si tagliano con un paio di forbici?

L’INTERCETTAZIONE- Il 7 febbraio 2015 Veronica, intercettata in carcere, stremata dal fatto di non vedere suo figlio più piccolo, disse ai famigliari: “Se dovessero dirmi di confessare qualunque cosa pur di vedere il piccolo… non prendetelo come un tradimento, ma io lo farò!… Se loro dovessero dirmi ti portiamo il bambino, però tu devi dire qualcosa, confessa…glielo dico, ditemi voi cosa…scrivetemele e ve lo leggo…Il dolore è troppo grande”. Dell’intercettazione diede conto la trasmissione Mattino Cinque.

L’ISOLAMENTO- La sua solitudine, com’è noto, è proseguita. La madre Carmela Anguzza raccontò agli inquirenti che Veronica, anni prima, aveva tradito Davide con l’allora fidanzato della sorella di lui, una relazione che Veronica aveva sempre negato al marito. Il dettaglio, che col delitto nulla c’entrava, finì nell’ordinanza di fermo. E i già rapporti tesi della coppia per i sospetti del marito sull’omicidio, finirono per incrinarsi definitivamente.

IL MOVENTE- Non trovando un movente, gli investigatori riportarono quanto sostenuto da Antonella, la sorella di Veronica, che, dopo aver parlato dei loro pessimi rapporti, raccontò che Veronica si era da ragazza convinta di non essere figlia naturale del padre. Tanto da finire in psichatria a Ragusa. Una squilibrata, dunque? Non proprio. Dato che proprio la madre ha ammesso di aver confidato a Veronica che suo papà poteva essere un altro. In assenza di arma e movente ci si attendeva dunque l’ennesimo processo indiziario.

LO STIPENDIO- Nell’ultimo periodo è però scoppiato lo scandalo delle interviste a pagamento dei famigliari che, contrariamente a quanto sostenuto a verbale, rilasciavano dichiarazioni a suo favore, ma solo dietro il pagamento di un compenso. Cifre da migliaia di euro.

IL DUBBIO- In tutta questa situazione Veronica è rimasta isolata. Ora la domanda che tutti si pongono è la più ovvia: la confessione è stata fatta per logica processuale, ritenendo la propria situazione ormai definitivamente compromessa e dunque per puntare ad una pena più mite nonostante sia innocente, oppure si è voluta liberare di un peso che non reggeva più?

LO ZAINETTO- Gli inquirenti devono cercare i riscontri al racconto, per capirlo. La chiave del giallo non può che stare nello zainetto di Loris scomparso. Se la mamma è l’assassina saprà certamente dove sia finito e lo farà ritrovare. Se invece lo zainetto non salterà fuori, bisognerà farsi qualche domanda in più. E cercare di capire perché abbia confessato.  

Edoardo Montolli per Oggi.it

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Edoardo Montolli

Edoardo Montolli, giornalista, è autore di diversi libri inchiesta molto discussi. Due li ha dedicati alla strage di Erba: Il grande abbaglio e L’enigma di Erba. Ne Il caso Genchi (Aliberti, 2009), tuttora spesso al centro delle cronache, ha raccontato diversi retroscena su casi politici e giudiziari degli ultimi vent'anni. Dal 1991 ha lavorato con decine di testate giornalistiche. Alla fine degli anni ’90 si occupa di realtà borderline per il mensile Maxim, di cui diviene inviato fino a quando Andrea Monti lo chiama come consulente per la cronaca nera a News Settimanale. Dalla fine del 2006 alla primavera 2012 dirige la collana di libri inchiesta Yahoopolis dell’editore Aliberti, portandolo alla ribalta nazionale con diversi titoli che scalano le classifiche, da I misteri dell’agenda rossa, di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti a Michael Jackson- troppo per una vita sola di Paolo Giovanazzi, o che vincono prestigiosi premi, come il Rosario Livatino per O mia bella madu’ndrina di Felice Manti e Antonino Monteleone. Ha pubblicato tre thriller, considerati tra i più neri dalla critica; Il Boia (Hobby & Work 2005/ Giallo Mondadori 2008), La ferocia del coniglio (Hobby & Work, 2007) e L’illusionista (Aliberti, 2010). Il suo ultimo libro è I diari di Falcone (Chiarelettere, 2018)

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