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Chiara ha aperto gli occhi, ma non è ancora fuori pericolo

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Parla il padre della diciannovenne Chiara Insidioso, massacrata di botte dal suo fidanzato e finita in coma, tuttora in rianimazione all’ospedale San Camillo di Roma

Chiara-Insidioso

«Chiara ha aperto gli occhi. Mi sono avvicinato al suo letto, mi sono tolto la mascherina e le ho dato un bacio sulla fronte. Ho sentito i macchinari suonare e poi… non ci potevo credere,  è stato bellissimo. Per la prima volta dopo due mesi, ho potuto guardarla negli occhi. I medici non danno valore a questo  fatto, ma io penso che Chiara mi abbia fatto un dono».

A parlare è Maurizio Insidioso,  il papà della diciannovenne finita in coma  dopo essere stata picchiata dal fidanzato. Si trova ancora ricoverata nel reparto di rianimazione dell’ospedale San Camillo a Roma  e sta lottando per  sopravvivere.

Maurizio, come sta Chiara?  

«La situazione è ancora critica: adesso  respira da sola, ma non è fuori pericolo. I  traumi sono stati troppo violenti e i medici  non si sbilanciano, anzi».  

Torniamo per un attimo a quel 3 febbraio  2014: Chiara aveva avuto una lite con il fidanzato, Maurizio Falcioni, 36  anni, lite poi degenerata.  

«Sì, stavano litigando, e lui ha cominciato  a picchiarla e a darle calci in testa fino a quando Chiara non ha perso i sensi. Poi lui,  non rendendosi conto della gravità delle sue condizioni, ma spaventato, è andato dai vicini a chiedere un bicchier d’acqua, dicendo che Chiara era svenuta. Sono stati  loro che, insospettiti, hanno chiamato i soccorsi. Chiara è stata portata prima all’ospedale  di Ostia e poi al San Camillo, dove ha  subìto un lungo intervento. Quando sono  riuscito a vederla, a stento l’ho riconosciuta.  Aveva il volto completamente sfigurato.  Da allora io e la madre non la lasciamo mai».  

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Lei ha anche dichiarato che avrebbe  preferito sua figlia morta, piuttosto che  ridotta così. È una frase  forte.  

«Quando ho parlato con i  medici, la prima volta, mi  hanno detto che la speranza  di Chiara, viste le sue condizioni,  poteva essere solo quella di passare  il resto dei suoi giorni in stato vegetativo.  Lei ha 19 anni, è poco più che una bambina,  che vita è? Io, come ogni padre, mi auguro solo il meglio per lei».  

Cosa le manca di più?  

«Mi manca lei, mi mancano soprattutto i suoi abbracci. Noi avevamo un rapporto  molto stretto anche se, da quando stava con  quell’uomo, Chiara era molto cambiata».  

Lei viveva con lui da un paio di mesi. Se la ricorda l’ultima volta che l’ha  vista: cosa vi siete detti?  

«Lei viveva con lui, ma stavano vicinissimi  a casa mia quindi la vedevo spesso, anzi,  molte volte la seguivo di nascosto, perché  volevo accertarmi che stesse bene. Io sapevo  che il suo compagno era un tipo poco  raccomandabile. Ho fatto di tutto per convincere  Chiara a lasciarlo. Un pomeriggio  l’ho seguita al parco, lei mi ha visto e mi ha  chiesto di abbracciarla. Io non l’ho fatto,  perché volevo che capisse  che ero contrario  a quel rapporto. È stata  l’ultima volta che  l’ho vista, e quell’abbraccio  che le ho negato oggi mi pesa come un macigno».  

Lei ha detto che conosceva lui e la sua  famiglia. Cosa prova nei loro confronti?  

«I suoi genitori faccio finta di non vederli  quando li incontro. Loro non potevano non  sapere. Per quanto riguarda lui: la giustizia  terrena farà il suo corso, ma soprattutto farà  il suo corso quella divina. Solo questo voglio  dire».

Maurizio, lei ci ha permesso di sfogliare  l’album di fotografie di Chiara, qual  è quella alla quale è più legato?  

«Sicuramente quella della vacanza in Puglia:  eravamo io e lei da soli, ci siamo divertiti  come matti e abbiamo stretto ancora  di più il nostro rapporto. Ogni tanto entro  nella sua cameretta e riguardo quella foto:  mi fa male, ma mi dà anche tanta forza».

È vero che la cameretta è piena di regali  e di lettere che le  persone le mandano  per Chiara?  

«Sì, c’è tantissimo  affetto nei confronti  della mia Chiara, e  penso che la sua disavventura possa aiutare  tante altre persone».

In che senso?  «Mi scrivono anche molte ragazze che  hanno subito violenza e mi chiedono consigli.  Io rispondo sempre, perché penso che  la storia di Chiara possa servire da esempio».

Cosa si sente di dire a queste donne?  

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«Io penso che sia difficile cambiare  un uomo, specialmente un uomo violento.  Perché chi usa violenza non  potrà mai smettere, può solo peggiorare.  Quindi io dico di denunciare  subito. Meglio avere paura, che ritrovarsi  in un letto della Rianimazione».

Qual è la cosa che la spaventa di  più oggi?  

«Il mio timore è che Chiara venga  trasferita. Il San Camillo ormai è  diventato la nostra seconda casa, i  medici e gli infermieri sono una  nuova famiglia. Io temo che un domani – neanche tanto lontano –  decidano di trasferirla in una struttura  di lunga degenza. Non posso seguirla ovunque, ho un lavoro.  Adesso sono in aspettativa, ma  non può durare per sempre».

Vorrebbe chiedere qualcosa  alle istituzioni?  

«Solo che non mandino Chiara  lontano. Spero si possa trovare  una struttura a Roma dove  Chiara possa essere accudita e  che permetta a me e a sua madre  di continuare a seguirla. I medici  non si pronunciano sul  fatto che lei possa sentire le  nostre voci. Ma io, da genitore,  credo che sia possibile.  Vorrei la possibilità di continuare  a parlarle e di farle sentire  ancora tutto il mio amore.  Ha solo 19 anni».  

Serena Magnanensi per Visto  

 

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ommenti

  1. Vorrei essere lì per parlarle per dirle di non cedere e di non arrendersi comunque io Le esprimo la mia vicinanza a distanza le auguro di riprendersi completamente se è possibile vorrei che lo sapesse dal padre

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