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SECESSIONISTI/ Parlano le mogli: «Ma quali terroristi, otterranno l’indipendenza del Veneto per vie legali»

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Sul settimanale OGGI, in edicola dal 9 aprile, parlano le mogli di Lucio Chiavegato e Giancarlo Orini, due dei 24 secessionisti arrestati, indicati dalla procura di Brescia tra i leader della presunta associazione eversiva lombardo veneta.

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Raggiunta nella sua villa di Bovolone, in provincia di Verona, Barbara Benini difende a spada tratta il marito Lucio Chiavegato: «Lucio non farebbe male a una mosca», dice la donna a OGGI, «non è un terrorista e vuole arrivare all’indipendenza del Veneto per vie legali». Secondo la moglie di Chiavegato l’inchiesta ha una precisa regia politica e si propone di bloccare un movimento che dopo la protesta dei forconi e il voto via internet per la secessione, si sta espandendo a macchia d’olio: «Ma il malcontento sale», dichiara la donna, «e sbattendo in galera gente come mio marito non faranno paura a nessuno. Anzi otterranno l’effetto contrario, creeranno attorno a noi un senso di solidarietà e gratitudine, daranno forza alla nostra battaglia civile e legale per l’indipendenza veneta».

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LA MOGLIE DI ORINI- A Castegnato, Anna Pozzi, moglie di Giancarlo Orini, dopo il blitz dei Carabinieri dei giorni scorsi dice di sentirsi come la moglie di Al Capone. «Mio marito», afferma la moglie di Orini, «è un uomo tranquillo, che ama la compagnia, con un grande senso dell’amicizia. Se poi si è lasciato sfuggire qualche parola di troppo, amen. Basta entrare nel primo bar e sentire cosa dice la gente. Mio marito però non si è fermato ai discorsi da bar. Lui ci ha messo la faccia. Chi crede nell’indipendenza lo considera un eroe, un faro, un guru». E guai, aggiunge Anna Pozzi, a confondere il marito con gli uomini della Lega: «Giancarlo ha smesso di essere leghista», spiega la donna, «e ha fatto bene. Bossi ci ha deluso. Ci ha tradito. È stato un bel vigliaccone. È andato a Roma e ha girato le spalle al nord. Alla fine, dopo tanti proclami, cosa ci ha fatto ottenere. I cartelli stradali con i nomi in dialetto? Se li può tenere, non sappiamo cosa farcene».

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