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Lo scienziato: “Così cureremo i serial killer”

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arancia meccanicaUn giorno sarà possibile “rieducare” con gli strumenti della medicina le menti deviate dei serial killer, i cervelli degli psicopatici omicidi? Per il neurochirurgo torinese Sergio Canavero, celebre per aver teorizzato il “trapianto di testa”, la risposta è affermativa e si chiama «stimolazione corticale». Lo specialista, direttore del Turin Advanced Neuromodulation Group (TANG), ne parla in esclusiva sul nuovo numero di OGGI, in edicola dal 5 marzo (anche su www.oggi.it). «Per questi casi criminali», dice, «il carcere o la pena di morte sono l’attuale risposta dei sistemi giudiziari perché non esiste finora alcun trattamento medico efficace».

Canavero ha illustrato la procedura in questione in un articolo scientifico on line appena pubblicato sul giornale «Frontiers in Human Neuroscience». «Nel XX secolo la psicochirurgia è stata usata per controllare i comportamenti aggressivi, ma è stata abbandonata negli anni Settanta. Negli ultimi 15 anni, invece, l’avvento della psicomodulazione elettrica ha riaperto i giochi». Il dottor Canavero punta a “cambiare” il cervello di questi individui con la medesima stimolazione elettrica della corteccia cerebrale già sfruttata in diverse condizioni neurologiche e psichiatriche (dalla riabilitazione dall’ictus allo stato vegetativo), la stessa che gli ha consentito nel 2008 di “risvegliare” una paziente, passata da stato vegetativo permanente a stato minimamente conscio.  «In estrema sintesi, questa procedura ha la capacità di alterare l’assetto cerebrale in maniera permanente o transitoria, perché le radici della psicopatia criminale risiedono in un grave deficit dei cosiddetti “circuiti dell’empatia”, come hanno potuto evidenziare le neuroimmagini fornite dalle macchine diagnostiche negli ultimi 20 anni», dice Canavero.

Ma la metodica non è una sorta di “controllo mentale” e in tal senso discutibile? «Ciò che si fa, con questo trattamento, è agire sui circuiti cerebrali dell’empatia. E incrementare tale facoltà, che è poi la capacità di capire quando stiamo causando sofferenza, può soltanto risultare utile e benefico per sé e per la società tutta».

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