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Verdone: “Vi racconto il mio ultimo film”

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 carlo verdone

Non ha bisogno di presen­tazioni, Carlo Verdone. Memorabile nelle tante commedie di cui è sta­to negli anni regista e attore, alcune delle quali diventate dei veri e propri cult con frasi tormentone ancora oggi cono­sciute dalla gente. Commedie che hanno in genere il merito di farci ridere, ma anche ri­flettere su situazioni che ci ri­guardano un po’ tutti da vicino. Come nell’ultima commedia, Sotto una nuova stella (nei ci­nema dal 13 febbraio e nel cui cast ci sono anche Paola Cor­tellesi, Tea Falco e Lorenzo Ri­chelmy), che il brillante artista romano ci racconta in quest’in­tervista.

Carlo, il tuo film affronta temi attualissimi che coin­volgono sempre più perso­ne, purtroppo…

«Il tema principa­le, ovviamente incanalato se­condo il linguaggio della commedia, è quello dello scollamento fra genitori e figli, vale a dire quel disagio generazionale che ac­compagna i giorni nostri e che si mescola con l’attuale preca­rietà lavorativa. Un problema che colpisce me direttamente nel film, dove interpreto un uomo di sessant’anni che per­de un lavoro prestigioso per via di una scandalo che colpi­sce la holding finanziaria nella quale lavora. È un film in cui ci si ritroveranno in molti: ra­gazzi, padri, donne che con­vivono con le loro solitudini e la loro insoddisfazione. Si parla di argomenti seri, che ho cercato di proporre nei canoni stilistici di una commedia. Mi sento di dire che la nostra è una commedia brillante con tocchi poetici e malinconici, un film pieno di affetto, che alla fine trionfa sopra ogni cosa».

C’è qualcuno a cui hai vo­luto dedicare questo film?

«L’ho voluto dedicare innan­zitutto ai miei figli e alle nuove generazioni, perché è arriva­to il momento che si diano ai nostri giovani le opportunità che meritano, le stesse che ab­biamo avuto noi della passata generazione. I giovani sono il futuro. I nostri figli sono molto più maturi e in gamba di quan­to possiamo immaginare. È per questo che bisogna essere ottimisti e credere nelle nuove generazioni, in modo da dar loro la possibilità di non falli­re laddove dove abbiamo fal­lito noi».

Tu, tramite le tue comme­die, sei sempre molto atten­to ai temi sociali. Infatti con uno dei tuoi ultimi lavori alla regia, Posti in piedi in Paradi­ so, hai toccato un altro tema quanto mai attuale: i nuovi poveri generati dalla crisi economica, in particolare uo­mini che si ritrovano in mi­seria per la crisi, ma anche a causa di ex mogli un po’ trop­po vendicative…

«Quello che stiamo viven­do è certamente un momento di grande disagio per tutto il mondo. Ogni mattina ci alzia­mo con l’ansia delle borse e dello spread e sembra che sia­mo tutti legati con lo scotch a una situazione che rischia di precipitare ogni giorno più a fondo. Personalmente non ri­esco a concepire il mio lavoro scollato dalla realtà, per cui lo sforzo è sempre quello di co­niugare la risata con la vita re­ale delle persone, come può es sere appunto oggi il problema drammatico dei nuovi poveri. Ho sempre creduto fermamen­te che, anche di fronte a temi molto forti, se la commedia è fatta bene e con rispetto, que­sta può raccontare i problemi del nostro tempo molto meglio di un film drammatico».

È vero che, proprio per aver trattato un tema eviden­temente molto sentito dagli italiani, hai ricevuto migliaia di lettere da parte di padri separati?

«Sì, è così, e da questo ci si rende conto quanto sia vasto il problema. Dalle lettere che ho ricevuto è emerso che il dolore più grande dei padri è quello di non poter vedere i propri figli quanto vorrebbero, oltre chia­ramente agli oggettivi proble­mi economici che in diversi casi un divorzio provoca. Con la conseguenza di generare una nuova categoria di poveri: quella appunto dei divorziati».

Un problema, quello lega­to ai figli (Carlo ne ha due, avuti da Gianna Scarpelli, da cui è separato: Giulia, di 27 anni, e Paolo, di 25, ndr), che tu fortunatamente non hai sperimentato…

«No, per fortuna. E, anzi, sia io che Gianna siamo consape­voli di quanto siamo fortunati ad avere due figli come i nostri. Sono dei bravi ragazzi e conti­nuano a darci grosse soddisfa­zioni».

Che cosa vogliono fare da grandi?

«Giulia lavora nella distribu­zione cinematografica, mentre Paolo si occupa di politica internazionale. Ha fatto dei ma­ster all’estero perché in Italia non era riuscito a trovare esat­tamente ciò che cercava».

Come vedi questo 2014 dell’Italia? Avrà finalmente la sua buona stella?

«Io sono ottimista, penso che il peggio sia passato, anche se la risalita sarà lenta e potrà av­venire in tempi certo non bre­vi. L’importante è che l’Italia ritrovi due cose fondamenta­li affinché si possa ripartire: l’etica e la serietà».

Intanto, per te come attore, sembra che quest’anno sia nato proprio sotto una buona stella. Cogliamo dunque l’oc­casione per farti un “in bocca al lupo” per La grande bellez­za (il film di Paolo Sorrentino di cui Carlo è interprete, che ha appena conquistato i Gol­den Globe e che concorrerà anche agli Oscar come mi­glior film straniero, ndr).

«Siamo tutti felicissimi per­ché Paolo ha fatto un film dav­vero bello e molto complesso, che va al di là del decadimento morale di Roma e che allarga invece la prospettiva a tutta la società occidentale dei giorni nostri».

 

Vincenzo Petraglia per Vero

 

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