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“Luna conquistatori” vs “luna complottisti”: chi ha scattato davvero le foto delle Missioni Apollo? E dove?

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Appartengo alla generazione che ha vissuto lo sbarco sulla luna come l’avverarsi di una favola. Nel 1969 avevo 11 anni e ricordo ancora  nitidamente come passai quella memorabile sera del 20 luglio. Ho assistito alla diretta dell’evento  nel cortile della casetta in collina dei miei genitori, davanti a un televisore portatile in bianco e nero, che ogni tanto faceva le bizze, costringendo a regolare le antenne.

 

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Nessuno me ne voglia se, di fronte all’ipotesi del c.d. “complotto lunare”, benché sia cosa nota e dibattuta, continuo ad avere una reazione incredula.

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Ma bisogna approfondire l’argomento con lucidità in quanto, in linea di principio, non si può escludere  che le Missioni Apollo conclusesi con l’allunaggio umano (11, 12, 14, 15, 16, 17) siano una messinscena, con  fabbricazione di false immagini e false riprese video. Ciò che sostengono da cinquant’anni, con dovizia di argomenti e un seguito non indifferente, i “complottisti lunari”.

Di recente le due posizioni, quella ufficiale comunemente accettata, e quella critica che vede nella conquista della Luna una mistificazione, si sono confrontate con l’uscita di due film: “The first man” di Damien Chazelle, una  biografia hollywoodiana dell’astronauta che per primo, in quella notte del 1969, mise piede sul satellite della Terra, e “American Moon”, di Massimo Mazzucco, un pregevole documentario che riassume e ripropone i molti dubbi sulla versione ufficiale.

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Massimo Mazzucco presenta American Moon: 

 

In questo post non affronterò tutti gli argomenti oggetto della querelle tra “luna conquistatori” e “luna complottisti”. Essi svariano nei più diversi campi: dall’invalicabilità, o meno, delle “fasce di Van Allen” alla presunta insostenibilità, per l’uomo e i veicoli spaziali, dell’escursione termica lunare.

Mi limiterò al caposaldo più suggestivo ed immediato, da sempre,  dei “luna complottisti”: le improbabili foto delle Missioni Apollo che la   NASA ha diffuso a profusione, alcune delle quali divenute così famose da comparire regolarmente nei libri di storia e nei manuali scolastici.

Negli anni successivi alla prima Missione con allunaggio, la Apollo 11, tenne banco la polemica su un dettaglio vistoso di tutte le foto scattate dagli astronauti, Neil Armstrong e “Buzz” Aldrin, scesi sulla Luna. 

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Lo sfondo di queste foto mostra il cielo buio, mentre tutti sappiamo che è costellato di stelle. Di qui a sostenere che Armstrong ed Aldrin si sarebbero mossi non sul vero suolo lunare ma in un set cinematografico che lo imitava, il passo è stato breve.

Bisogna premettere che è ingannevole invocare l’evidenza nell’analisi delle foto lunari.  Interpretarle richiede conoscenze tecnico-specialistiche sull’ ottica, ovvero la branca della fisica che studia il comportamento della luce. 

Chiunque sa che la fotografia è possibile grazie al dispositivo conosciuto come “camera oscura” o, appunto, “camera ottica” che sfrutta le proprietà della luce per catturare immagini.

Per quanto riguarda il cielo buio nelle foto lunari, si è subito obiettato, da parte dei “luna conquistatori”, che esso è perfettamente normale.

Anche sulla terra si verifica un analogo fenomeno, ad esempio di notte nelle città, dove le stelle sono invisibili per l’elevato inquinamento luminoso.

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In pratica se intorno a noi c’è una notevole e diffusa fonte luminosa (nel caso della Luna il potente riflesso del sole sulla superficie del nostro satellite) le fonti di luce più deboli sullo sfondo (le stelle) ne vengono coperte.

La maggiore novità del film documentario di Mazzucco, ripresa ampiamente dai media, è il parere che il regista ha chiesto ad alcuni fotografi (en passant anche Mazzucco è fotografo)  di fama internazionale sulla veridicità delle “foto lunari” della NASA.

 

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Mazzucco ha sottoposto a Toni Thorimbert, Aldo Fallai, Oliviero Toscani, Nicola Pecorini e Peter Lindbergh alcune foto scattate sulla superficie della Luna durante le Missioni Apollo.

Netto e clamoroso l’unanime responso: si tratta di foto finte realizzate (male) in studio. Ciò risulterebbe dalla presenza indebita in esse, oltre al disco solare, di altre fonti artificiali di luce.

Massimo Mazzucco ha da tempo una “bestia nera”: il giornalista “debunker” Paolo Attivissimo. Per la verità i due,  soliti smentirsi reciprocamente, sono l’uno “bestia nera” dell’altro.

Attivissimo sostiene, nell’ultimo aggiornamento del suo libro “Luna? Sì ci siamo andati” che delle foto mostrate da Mazzucco ai fotografi di chiara fama una era un già conosciuto fotomontaggio, mentre altre erano immagini che la NASA aveva già ammesso di aver ritoccato per renderle più appetibili al pubblico, ma nella versione originale, anch’essa disponibile, sarebbero prive di anomalie.

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L’obiezione di fondo mossa a Mazzucco, non solo da parte di Attivissimo ma anche di molti altri commentatori, è che i suoi consulenti sono sì fotografi di grande talento, ma la loro esperienza riguarda la fotografia sulla Terra, non quella sulla Luna.

Potrebbe sembrare un argomento specioso ma, in effetti, è ragionevole che la diversità di condizioni  della superficie lunare rispetto a quella terrestre si traduca in un differente comportamento della luce.

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In particolare, si dice, sulla Luna l’ambiente spoglio, senza atmosfera e  battuto direttamente dalla luce del sole favorirebbe fenomeni di rifrazione naturale confondibili con quelli che, sulla Terra, sarebbero “trucchi” umani.

Paolo Attivissimo e lo sbarco lunare:

La diatriba prosegue da decenni, senza che nessuno dei contendenti si sia dichiarato soddisfatto dagli argomenti altrui.

L’unico modo per dirimerla sarebbe un esperimento “pro veritate” effettuato direttamente sulla Luna…

Ho la sensazione che essa andrà avanti ancora per molto, almeno finché qualche telescopio non troverà tracce chiare delle Missioni Apollo sulla superficie della Luna.

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Dico “chiare” perché  tali non sono le foto scattate dal Lunar Reconnaissance Orbiter, un satellite che orbita intorno alla Luna, sui luoghi di atterraggio delle spedizioni lunari, ed esibite dalla NASA come prova schiacciante a favore della conquista della Luna. L’agenzia spaziale americana sostiene che queste immagini mostrano le attrezzature usate per lo sbarco e abbandonate sul posto. Tuttavia, il livello di ingrandimento è ancora insufficiente, almeno per un non esperto.

Personalmente, ritengo che gli argomenti forti a favore dei “luna conquistatori”, tra cui mi metto, siano due.

Primo.

Oltre alla Nasa, esistevano ai tempi dello sbarco, e ancor più  oggi, agenzie spaziali di altri nazioni, prima fra tutte l’Unione Sovietica, attualmente Federazione Russa. Queste organizzazioni avevano, ed hanno, tutte le conoscenze e gli strumenti per sbugiardare il complotto lunare.

Perché non l’hanno fatto?

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Infliggendo una figuraccia alla nazione più potente del globo ne avrebbero ottenuto, e possono ancora oggi ottenerne un ritorno politico e propagandistico incalcolabile. Certo si potrebbe pensare che anche le altre agenzie spaziali siano parte del complotto, avendo ottenuto in cambio del loro silenzio contropartite di tipo economico o strategico a favore dei loro governi.

A tal riguardo torna a proposito la scherzosa ma saggia  “teoria del segreto” manzoniana. Per chi non lo ricordasse, lo scrittore lombardo si duole che la segretissima destinazione di Lucia dopo la “notte degli inganni”, il convento di Gertrude, la monaca di Monza, giunga ben presto all’orecchio di Don Rodrigo.  

Il fatto è che, spiega Manzoni,  il depositario di un segreto ha almeno un amico fidato cui rivelarlo in tutta sicurezza. Così, di amico fidato in amico fidato, i segreti diventano di pubblico dominio.

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Ebbene, è credibile che  nessuno dei moltissimi addetti alla Nasa e alle altre agenzie spaziali a conoscenza del “complotto lunare” abbia mai rotto  per scrupolo morale, fede ideologica , venalità o altro, il fronte del segreto?

La stessa cosa si deve pensare degli agguerriti servizi di spionaggio e controspionaggio imperversanti sulla scena mondiale, cui si aggiungono oggi le sempre più sofisticate organizzazioni dedite all’hackeraggio informatico. Possibile che si siano fatte sfuggire una verità nascosta così ghiotta?

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A me sembra di no.

Secondo.

Non risulta che nessun esperto di ingegneria areospaziale o di fisica dei corpi celesti abbia mai levato la sua voce mettendo in discussione lo sbarco sulla luna attraverso il progetto Apollo.

Ciò dimostra che la conquista del satellite terrestre era perfettamente possibile.

Rino Casazza

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Rino Casazza

Rino Casazza è nato a Sarzana, in provincia di La Spezia, nel 1958. Dopo la laurea in Giurisprudenza a Pisa, si è trasferito in Lombardia. Attualmente risiede a Bergamo e lavora al Teatro alla Scala Di Milano. Ha pubblicato un numero imprecisabile di racconti e 15 romanzi che svariano in tutti i filoni della narrativa di genere, tra cui diversi apocrifi in cui rivivono come protagonisti, in coppia, alcuni dei grandi detective della letteratura poliziesca. Il più recente è "Sherlock Holmes tra ladri e reverendi", uscito in edicola nella collana “I gialli di Crimen” e in ebook per Algama. In collaborazione con Daniele Cambiaso, ha pubblicato Nora una donna, Eclissi edizioni, 2015, La logica del burattinaio, Edizioni della Goccia, 2016, L’angelo di Caporetto, 2017, uscito in allegato al Giornale nella collana "Romanzi storici", e il libro per ragazzi Lara e il diario nascosto, Fratelli Frilli, 2018. Nel settembre 2021, è uscito "Apparizioni pericolose", edizioni Golem. In collaborazione con Fiorella Borin ha pubblicato tre racconti tra il noir e il giallo: Onore al Dio Sobek, Algama 2020, Il cuore della dark lady, 2020, e lo Smembratore dell'Adda, 2021, entrambi per Delos Digital Ne Il serial killer sbagliato, Algama, 2020 ha riproposto, con una soluzione alternativa a quella storica, il caso del "Mostro di Sarzana, mentre nel fantathriller Al tempo del Mostro, Algama 2020, ha raccontato quello del "Mostro di Firenze". A novembre 2020, è uscito, per Algama, il thriller Quelle notti sadiche.

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