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IL RE E’ VIVO

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Il 16 agosto di ben quarant’anni fa moriva una delle figure più importanti della storia della musica. Il Re, appunto.
Nato da una famiglia umile, al limite della povertà, trovo’ l’occasione per il successo a Memphis, in una cittadina del Tennessee che, negli anni, sarebbe divenuta il fulcro della leggenda.
Si propose a Sam Phillips, proprietario della piccola casa discografica Sun e questi, intuito al volo le potenzialità del giovane di bell’aspetto e dalla voce incantevole, non perse tempo. Gli fece firmare un contratto e lo scaravento’ di prepotenza nel suo mondo.
Lo circondo’ di altre stelle nascenti che sarebbero diventate bibliche e, gettato su un furgoncino, lo fece conoscere in giro.
Ed e’ così che, a metà degli anni cinquanta, il suddetto furgoncino con a bordo semi sconosciuti che rispondevano al nome di Jerry Lee Lewis, Elvis Presley e Johnny Cash, attraverso’ strade sterrate fermandosi solo in prossimità di un festival di paese o una sagra.
Quando la popolarità del futuro Re comincio’ a crescere a dismisura si presentò alla porta di Phillips un ormone in abito bianco, con un cappello calcato sulla testa. Tiro’ fuori, per nome della RCA, un assegno da 40.000 dollari ed Elvis divenne il suo protetto.
Il colonnello Parker, così si chiamava l’omone, costruì attorno ad Elvis un’aurea quasi celestiale. Lo mosse come un abile burattinaio, prima live e poi, negli anni sessanta, nel ben più proficuo mondo del cinema.
Elvis, divenne una sorta di leggenda vivente.
Ma, come si sa, quando si arriva a cavalcare le nuvole e non ci sono altre scale da salire, l’unica infausta alternativa e’ precipitare di sotto.
Ed è quello che avvenne.
Vittima di un evidente disturbo alimentare e da problematiche sociali non indifferenti, Elvis, si trovò prigioniero del suo mito.
Il suo matrimonio crollo’ a picco e gli amici cominciarono a diradarsi.
Si diceva che i pochi rimasti, ovviamente prezzolati, ridessero ad ogni sua battuta (specie se in presenza di occasionali amanti del Re) e s’interrompessero bruscamente ad un suo schiocco di dita.
Provo’ a rifugiarsi nei sogni da bambino, quelli così lontani dal quel trono tanto difficile da mantenere.
Si diede alle arti marziali e ottenne un distintivo come agente speciale dall’allora Presidente Nixon.
Quando nella notte tra il 15 e il 16 Agosto, dopo aver abusato delle solite pastiglie, la compagna dell’epoca, la bella Ginger Alden, lo ritrovo’ riverso davanti al water con il volto immerso nel suo stesso vomito, si decreto’ la fine di una storia meravigliosamente tragica.

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Le leggende cominciarono a moltiplicarsi.
Si disse che Ginger, prima di avvertire la polizia, si preoccupò di vendere la notizia ai giornalisti.
Si disse che la morte venne inscenata a tavolino per ridare linfa ad una carriera in rapida discesa.
Si disse, persino, che il Colonnello Parker, nel venire a scoprire il fatto, non si dimostrò particolarmente sorpreso.
Tutte leggende, ovviamente. Niente di attendibile.
La villa di Graceland, a Memphis, venne ricoperta di corone di fiori.
Sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo il volto di Elvis attirò sguardi, ricordi, rimpianti.
Qualche giornalista più infame optò per una sua immagine più recente, appesantito fino a superare i 130 chili (qualcuno sostiene ancora oggi fossero 115, chi 150, ma poco conta in realtà).
C’è chi lo vide vivo e vegeto in Brasile, a bersi un cocktail sulla spiaggia.
Chi in Spagna.
I suoi dischi, dal primo all’ultimo, tornarono prepotentemente in vetta alle classifiche.
Elvis, il Re morto a soli 42 anni, si legò definitivamente a quel trono che sembrava ormai destinato a dover mollare suo malgrado in vita.
Ma perché, a quarant’anni da quella tragica notte, il suo mito continua ad essere tanto amato?
Un po’, forse, per l’abilissima strategia di marketing messa in atto dai suoi eredi e da chi ne gestisce il patrimonio. Graceland e’ ancora oggi il secondo edificio più visitato d’America dopo la Casa Bianca.
Un po’ perché il mondo ha bisogno ancora oggi di riconoscersi in un eroe, anche se appesantito, anche se balbettante sul palco.
Anche se stanco e perduto dietro al proprio mito, così ingombrante.
Così falso e ipocrita da essere brillante come l’oro di cui è rivestito un trono.
Elvis e’ morto, certo.
Ma non sarà mai più spodestato.

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Alex Rebatto

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Alex Rebatto

Alex Rebatto, classe 1979. Ha collaborato nei limiti della legalità con Renato Vallanzasca ed è stato coautore del romanzo biografico “Francis”, sulle gesta del boss della malavita Francis Turatello (Milieu editore), giunto alla quarta ristampa. Ha pubblicato il romanzo “Nonostante Tutto” che ha scalato per mesi le classifiche Amazon. Per Algama ha pubblicato il noir "2084- Qualcosa in cui credere"

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