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Uno scacchista può diventare un buon detective?

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In occasione dell’uscita  in edicola, per “I GIALLI DI CRIMEN” , nel volume “PARTITA A SCACCHI PER SHERLOCK HOLMES”, del racconto SHERLOCK HOLMES, AUGUSTE DUPIN E IL MATCH DEL SECOLO, ecco la presentazione scritta in occasione della sua prima pubblicazione in digitale.

 

Tra il gioco degli scacchi e la “detection” classica, discipline che entrambe richiedono una mentalità logico-razionale, sembra esserci un’ evidente parentela.

L’investigatore chiamato a  risolvere un delitto misterioso si comporta, nel ricostruire gli indizi e ricavarne le conseguenze, in modo simile al giocatore di scacchi, che sceglie la propria mossa soppesando le possibili contromosse dell’avversario.

Eppure , nella storia capostipite del genere letterario del “giallo classico”, altrimenti detto  “giallo a enigma” o “mistery”, si trova, proprio nelle prime pagine, l’ammonimento che un investigatore degno di questo nome non deve trarre ispirazione dal gioco degli scacchi,  bensì dalla dama o dal “wist”, un gioco di carte progenitore del più celebre “bridge”.

Stiamo parlando del  racconto “I delitti della Rue Morgue” di Edgard Allan Poe, opera datata 1841.

Lo scrittore statunitense inserisce la sua stroncatura degli scacchi in una lunga e un po’ noiosa premessa in cui la voce narrante cerca di descrivere la dote che contraddistingue il suo amico Auguste Dupin, investigatore dilettante.

Tale dote, definita “capacità analitica”, consiste in un’ attenzione profonda ai dettagli di cose e persone, onde ricavarne associazioni apparentemente lontane, ma in realtà logicamente rigorose ed estremamente rivelatrici.

Si tratta né più né meno, gli appassionati “scherlockiani” mi capiranno, della  qualità che consente al detective di Backer Street  il suo più spettacolare  gioco di prestigio: mostrare di conoscere, ad una semplice occhiata, vita morte e miracoli di uno sconosciuto che si presenta alla sua porta.

Le motivazioni che Poe, per il tramite del suo personaggio, adduce per sostenere l’insufficiente razionalità degli scacchi, un pò involute,  si basano sull’enorme, incontrollabile quantità di variabili che questo gioco propone, un caos che non permetterebbe di predire l’andamento di una partita in modo sufficientemente affidabile.

Nella dama e nel “wist”, al contrario, contraddistinte da concatenazioni consequenziali di mosse e giocate,  analisi rigorose sarebbero possibili.

Ebbene, da amante e praticante del gioco degli scacchi sono costretto a respingere  la teoria di Poe, uno scrittore che pure amo moltissimo e che è senz’altro uno dei più grandi geni della letteratura.

Gli scacchi si prestano, eccome!, ad analisi rigorose, tant’è che al giorno d’oggi i software applicati hanno raggiunto una tale capacità di calcolo da indicare le linee di gioco oggettivamente più appropriate in qualunque situazione.

Un investigatore “logico-deduttivo” ben farebbe a dedicarsi agli scacchi per sviluppare le proprie capacità.

Nel recente ebook edito da Algama, Sherlock Holmes, Auguste Dupin e il match del secolo”, provo a entrare dentro la disputa, innescata da Poe, sulla scientificità degli scacchi immaginando un inedito confronto a distanza tra Auguste Dupin e il suo più famoso seguace, Sherlock Holmes.

Siamo nel 1886 e il detective parigino di Poe ha ormai raggiunto l’età per il meritato ritiro, mentre quello londinese di Conan Doyle è a inizio carriera.

Poiché in quell’anno si svolge il primo, storico incontro per l’assegnazione del titolo di campione del mondo di scacchi, tra il polacco Zuketort e il praghese Steinitz, Holmes e  Dupin si sfidano,  in uno scambio di lettere, nel dedurre l’andamento e il risultato finale del match, che si tiene negli Stati Uniti.

Il classico confronto tra maestro ed allievo.

Un’occasione per sottolineare quanto grande  è il debito di Conan Doyle nei confronti di Poe, e per entrare nel clima, assai acceso, e ricco di conseguenze sul futuro dello scacchismo, che caratterizzò il match tra Zuketort, alfiere del gioco “romantico”, e Steinitz, primo giocatore professionista.

I più esperti troveranno un commento “tecnico” dei momenti più salienti di tutte le 20 partite della sfida mondiale.

Rino Casazza

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Rino Casazza

Rino Casazza è nato a Sarzana, in provincia di La Spezia, nel 1958. Dopo la laurea in Giurisprudenza a Pisa, si è trasferito in Lombardia. Attualmente risiede a Bergamo e lavora al Teatro alla Scala Di Milano. Ha pubblicato un numero imprecisabile di racconti e 15 romanzi che svariano in tutti i filoni della narrativa di genere, tra cui diversi apocrifi in cui rivivono come protagonisti, in coppia, alcuni dei grandi detective della letteratura poliziesca. Il più recente è "Sherlock Holmes tra ladri e reverendi", uscito in edicola nella collana “I gialli di Crimen” e in ebook per Algama. In collaborazione con Daniele Cambiaso, ha pubblicato Nora una donna, Eclissi edizioni, 2015, La logica del burattinaio, Edizioni della Goccia, 2016, L’angelo di Caporetto, 2017, uscito in allegato al Giornale nella collana "Romanzi storici", e il libro per ragazzi Lara e il diario nascosto, Fratelli Frilli, 2018. Nel settembre 2021, è uscito "Apparizioni pericolose", edizioni Golem. In collaborazione con Fiorella Borin ha pubblicato tre racconti tra il noir e il giallo: Onore al Dio Sobek, Algama 2020, Il cuore della dark lady, 2020, e lo Smembratore dell'Adda, 2021, entrambi per Delos Digital Ne Il serial killer sbagliato, Algama, 2020 ha riproposto, con una soluzione alternativa a quella storica, il caso del "Mostro di Sarzana, mentre nel fantathriller Al tempo del Mostro, Algama 2020, ha raccontato quello del "Mostro di Firenze". A novembre 2020, è uscito, per Algama, il thriller Quelle notti sadiche.

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