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Finanza, candidiamo Verona al posto della City

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Chi prenderà il posto della City di Londra dopo che la sua supremazia in campo finanziario sarà stata fatta a pezzi dalla Brexit? Molte città dell’Ue si stanno facendo avanti: Francoforte, Dublino, Parigi, Lussemburgo, Varsavia. I governi dei rispettivi si sono in genere mossi con energia. Per l’Italia, Matteo Renzi ha proposto Milano. Motivo della designazione, il fatto che la metropoli lombarda è già un centro finanziario. Non solo la proposta è presentata in modo fiacco – Renzi, come Berlusconi, ama far finta di essere importante a livello europeo, ma nei fatti né l’uno né l’altro hanno mai saputo come comportarsi per contare almeno qualche cosa – ma in più la scelta è sbagliata. Perché Milano non va bene.

A evitare accuse di campanilismo antimilanese, è bene che io specifichi che sono nato a Milano e ci ho passato la maggior parte della vita. E parli anca la lengua insubra, on cicinin, minga tant, ma insomma se fa quel che se pò. Certo, non avrebbe molto senso mettere avanti Roma o Napoli, caotiche, sporche e corrotte come sono. Ma anche Milano è congestionata e ha un clima sgradevole (e non sto parlando solo di meteorologia). Il vero obiettivo dovrebbe essere quello di trasferire i servizi di Londra in una città italiana di medie dimensioni. In questa chiave, io tifo per Verona. Per equanimità, aggiungiamo pure che anche le candidature di Bologna, Trieste o Torino avrebbero qualche senso. Se l’esiguità delle risorse dovesse imporlo, si potrebbero anche far scendere in campo tutte queste città insieme, a fare sistema e dividersi i benefici.

La finanza non richiede poi moltissima gente per tenerla in movimento, ma quando si parla di localizzazione i top manager che la dirigono cercano un’alta qualità della vita. Milano non può offrirla, Verona sì. È una città stupenda, attigua a zone non urbanizzate bellissime, ha una gastronomia prelibata e vini straordinari. È a due passi dalla più grande e bella Ninfea di marmo dei Sette mari, dalle zone sciistiche più note d’Italia, dalle spiagge dell’Alto Adriatico. I collegamenti aeroportuali, ferroviari e stradali sono adeguati – Lussemburgo per esempio è messa molto peggio, mentre Parigi è molto congestionata.

La candidatura di Verona, a favore della quale Renzi dovrebbe farsi sentire a Bruxelles, è tanto più sensata in quanto difficilmente la concorrenza per prendere il testimone della finanza creerà in Europa un altro centro di peso comparabile a Londra. Le ragioni perché le imprese del settore si debbano concentrare fisicamente sono ragioni del secolo scorso: oggi è possibile trovarsi materialmente lontani dal luogo dove si realizza il business, ed essere egualmente nel fulcro dell’attività.

Certo, resta pur sempre necessaria almeno un po’ di concentrazione, per attingere facilmente a un mercato del lavoro specializzato e perché una certa vicinanza fisica con altre persone dotate di potere rimane un ingrediente del business. Il risultato del prevedibile tramonto di Londra sarà probabilmente uno sparpagliamento dell’attività finanziaria nell’Eurozona, con diversi centri e non uno solo. Per Verona, ma anche per l’Italia nel suo insieme, questa può essere un’opportunità reale. Paolo Brera

 

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Paolo Brera

Paolo Brera è nato nel secolo scorso, non nella seconda metà che sono buoni anche i ragazzini, ma nell’accidentata prima metà, quella con le guerre e Charlie Chaplin. Poi si è in qualche modo trascinato fino al terzo millennio. Lo sforzo non gli è stato fatale, ma quasi, e comunque potete sempre aspettare seduti sulla riva del fiume. Nella sua vita ha fatto molti mestieri, che a leggerne l’elenco ci si raccapezza poco perfino lui: assistente universitario di quattro discipline diverse (storia economica, diritto privato comparato, eocnomia politica e marketing), vice export manager di un’importante società petrolifera, consulente aziendale, giornalista, editore, affittacamere e scrittore. Ha pubblicato una settantina di articoli scientifici o culturali, tradotti in sei lingue europee, due saggi (Denaro ed Emergenza Fame, quest’ultimo pubblicato insieme a Famiglia Cristiana), due romanzi e una trentina di racconti di fantascienza, sei romanzi e una decina di racconti gialli, più un fritto misto di altri racconti difficili da definire. Negli ultimi anni si è scoperto la voglia di tradurre grandi autori, per il piacere di fare da tramite fra loro e il pubblico italiano. Questo ha voluto dire mettere le mani in molte lingue (tutte indoeuropee, peraltro). Il conto finora è arrivato a quindici. Non è che le parli tutte, ma oggi c’è il Web che per chi lo sa usare è anche un colossale dizionario pratico. L’essenziale è rendere attuali questi scrittori e i loro racconti, sfuggire all’aura di erudizione letteraria che infesta l’accademia italiana, e produrre qualcosa che sia divertente da leggere. Algama sta ripubblicando le sue opere in ebook, a partire dalla serie dei romanzi con protagonista il colonnello De Valera.

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