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La strana morte del carabiniere Sergio Ragno

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Un pedinamento in borghese si trasforma in tragedia. La vita del giovane carabiniere Sergio Ragno si è spenta 11 anni fa, nel pomeriggio del 17 giugno 2004. Originario di Brindisi, era in servizio presso la stazione di Borgognissanti di Firenze.

A bordo di una moto, in località le Cascine, si scontra con una Panda guidata da una coetanea che lo ha travolto dopo avere fatto una doppia inversione ad U. Poco prima della tragedia, in una telefonata con la madre, aveva chiuso bruscamente la comunicazione perché aveva raccontato di essere impegnato in un’operazione importante all’inseguimento di uno spacciatore insieme ad altri cinque colleghi.

Si trattava di un’operazione in borghese. Dopo avere smontato dalla notte, Sergio era stato chiamato dal suo capitano per partecipare a questa missione, recandosi con la sua moto senza divisa verso il parco delle Cascine. In seguito sarebbe arrivato il contrordine: l’operazione non era più verso le 17 come previsto inizialmente ma sarebbe stata posticipata alle 20. Proprio questo diverso lasso di tempo è stato determinante nel mancato riconoscimento della morte in servizio. Secondo l’Arma infatti Ragno al momento dell’incidente non stava svolgendo alcuna operazione e si trovava in quel posto per conto proprio e la presenza nella zona adiacente all’incidente degli altri cinque colleghi era stata del tutto occasionale. Le indagini sull’incidente mortale dopo sei mesi vennero archiviate. Il pubblico ministero infatti aveva sostenuto l’ipotesi che Ragno ed i colleghi si portarono nel posto per un sopralluogo allo scopo di programmare gli interventi successivi. Accertato che la situazione di loro interesse si sarebbe verificata verso le 20, avrebbero deciso di salutarsi e quindi di entrare in quello che sarà definito nelle carte ufficiali “tempo libero”. Negli ultimi anni la famiglia di Sergio ha presentato un esposto alla procura militare di Roma affinché si riconosca la causa di servizio ed è riuscita a far riaprire il caso. All’interno c’è la registrazione di un collega del ragazzo che ammette come quel pomeriggio fosse in corso un vero e proprio servizio di pedinamento a cui avrebbero partecipato sei carabinieri, tre in moto e tre in auto, tutti con mezzi propri e in abiti civili. Una versione confermata da un altro carabiniere intervenuto sul luogo della tragedia, accennando ad un servizio di controllo in borghese. «Mio figlio è morto perché quel giorno non doveva essere li a svolgere quel servizio – racconta Vittoria Olimpia, la madre – le carte parlano chiaro. I colleghi di mio figlio sono stati indotti a dire il falso. Sia il primo che il secondo foglio matricolare mostrano delle discrepanze. Ci sono state varie versioni e molta omertà. Perché si deve sotterrare questa verità? Mio figlio ha diritto ad ottenere dei riconoscimenti e si deve far luce su quel giorno. Anche la dinamica stessa dell’incidente non mi ha mai convinto».

Vittoria Olimpio chiede giustizia: "mio figlio morto per eseguire un ordine"
Vittoria Olimpio chiede giustizia: “mio figlio morto per eseguire un ordine”

Non solo dunque il mancato riconoscimento della morte in servizio con tutto quello che spetterebbe ai genitori di un figlio morto in servizio ma emergono anche alcune stranezze mai del tutto chiarite: «Non dimenticherò mai le ultime parole di Sergio in quella telefonata pochi minuti prima della morte: “mamma mamma chiudi che stiamo acchiappando lo spacciatore”. Ho chiesto i tabulati telefonici di quel giorno e non sono mai stati consegnati. Manca all’appello anche il telefono ingombrante dove avvenivano le chiamate di servizio. Quando arrivammo a Firenze trovammo la valigia 24ore di mio figlio scassata e tutti i suoi bagagli già sgombrati. Il giorno della morte volevamo partire da soli per andare a Firenze, invece siamo stati accompagnati dai carabinieri di Brindisi che però ci hanno fatto arrivare con diverse ore di ritardo. Abbiamo avuto l’impressione che qualcuno avesse chiesto di far ritardare il nostro arrivo. C’era forse qualcosa che non dovevamo vedere?».

Il luogo in cui è sepolto il carabiniere scomparso
Il luogo in cui è sepolto il carabiniere scomparso

Vittoria Olimpo ha scritto in questi giorni una lettera al generale Tullio Del Sette, comandante generale dei Carabinieri ed all’epoca comandante della Legione Toscana, da cui dipendeva il figlio. A distanza di tanti anni vuole che quella che considera la verità possa finalmente emergere:“Generale – si legge in un passaggio della missiva – l’uniforme ha un valore inestimabile perché rappresenta più sentimenti, come quello di combattere la mafia per la sicurezza del paese, la giustizia ma soprattutto l’amore per la nostra Italia, devastata dai nostri politici. Sa benissimo quali infermità mi hanno colpito. Ho avuto nel 2010 un intervento ad un surrene asportato con un tumore all’interno, dopo sei mesi sono ritornata sotto i ferri per l’asportazione della tiroide e due anni fa ho tolto 2 noduli al seno destro, mentre ora ne ho un altro da togliere in quello sinistro. Mio figlio è morto per avere eseguito un ordine, io non mi fermerò mai. Sto soffrendo in silenzio e dentro sono distrutta”.

 Fabio Frabetti per il settimanale Cronaca Vera

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Fabio Frabetti

Giornalista professionista. Ha mosso i primi passi nelle tv locali toscane. Nel 2005 vince un casting per nuovi telecronisti di calcio organizzato da Sky Sport che gli permette di commentare circa 80 partite del campionato di Serie B dal 2008 al 2014. Per il primo quotidiano online Affari Italiani ha raccontato storie di giustizia e malagiustizia, drammi sociali, misteri irrisolti della cronaca italiana. Attualmente tratta queste tematiche per il settimanale Cronaca Vera. Continua le telecronache di calcio per Lega Pro Channel. Nel 2011 inizia la collaborazione con Web Radio Network

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