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Yara, anche il fratello di Bossetti sarebbe illegittimo. Ma perché rivelarlo?

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Secondo La Stampa i magistrati avrebbero rivelato a Massimo Bossetti che nemmeno suo fratello è figlio legittimo. Ma il fratello, Fabio, non è indagato. Per quale ragione estrapolare un dato che gli cambierà la vita per sempre? Varrà anche per le altre 18mila persone sottoposte al dna?

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La notizia l’ha diffusa La Stampa. Ed è stata ripresa un po’ ovunque. Secondo il quotidiano di Torino, durante l’interrogatorio del 6 agosto, il pm Letizia Ruggeri avrebbe chiesto a Massimo Giuseppe Bossetti, indagato per l’omicidio di Yara Gambirasio: «Ma lei lo sa che neppure suo fratello è figlio di Giovanni Bossetti?».

UN ALTRO PADRE– Il quotidiano scrive di più. Fa sapere che il padre del terzo fratello di Bossetti, Fabio, non è  nemmeno «Giuseppe Guerinoni, l’autista di Gorno con cui la mamma del presunto assassino di Yara tradì il marito quando già era sposata». Ma un altro uomo.

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NESSUNA SMENTITA– Nel corso della giornata nessuno ha pubblicato smentite. E non so a voi, ma a me, se questo fatto è vero, la cosa inquieta un po’.

LE VITTIME– In questa tragedia c’è una vittima, la piccola Yara, e un indagato, Massimo Giuseppe Bossetti. Poi, ci sono persone che hanno visto devastata la propria vita per via delle indagini. Ma era inevitabile: inevitabile che venisse fuori che Massimo era figlio illegittimo visto che per anni ne hanno cercato uno, quello che corrispondeva al profilo di Ignoto1, il dna del figlio sconosciuto di Guerinoni.

Inevitabile, anche se presunto innocente.

Inevitabile pure che la vita della sorella Letizia fosse devastata e venisse a sapere della reale paternità, perché era la gemella di Massimo.

Inevitabile, infine, che fosse devastata la vita di Giovanni Bossetti, che, dopo 44 anni, era venuto a sapere che i suoi gemelli non erano sangue del suo sangue.

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IL CASO– Ora però accade qualcosa di diverso. Se quanto riporta La Stampa corrisponde al vero, è stato rivelato a Massimo che neppure il terzo fratello è figlio di Giovanni. Un dato diventato peraltro ora di dominio pubblico.

Il punto è proprio questo: il terzo fratello non risulta indagato. Neppure Giovanni Bossetti lo è: per quale ragione è stato allora utilizzato il suo dna per rivelare un fatto del genere ai due?

Sul quotidiano c’è scritto che si tratta di un elemento utile per minare la credibilità della madre, Ester Arzuffi. A parte che per minarne la credibilità bastava già il test precedente su Guerinoni, perché il dna è un numero. Ma per minare la credibilità di una persona è giusto distruggere definitivamente la vita non sua ma di altre due, ossia un figlio e un marito che nulla hanno a che fare con un delitto atroce? Peraltro con le rivelazioni sulle proprie origini, tra le cose più importanti nell’esistenza di una persona? Dove sta la proporzione? Si discute spesso se diffondere tabulati o intercettazioni di persone non indagate perché sarebbero invasivi della privacy. Cioè lo sono i tabulati e le intercettazioni e il dna no?

18MILA TEST– Ma se è possibile svelare oggi l’esito di un test del dna raccolto durante la lunghissima campionatura avvenuta per individuare Ignoto1 e che NON corrisponde ad Ignoto1 (perché il fratello di Bossetti NON è Ignoto1 e dunque con l’indagine non c’entra), è possibile che un domani venga svelato anche un altro test dei 18mila raccolti spontaneamente in Italia pure senza essere indagati? Non so voi, ma io, se fossi tra i 18mila, non mi sentirei tranquillo.

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L’INDAGINE– Di questo dna trovato sul cadavere si è detto e si è scritto di tutto. Ma se si tratta davvero di sangue e il test è ripetibile, il caso dovrebbe essere dato per chiuso da un pezzo: le cronache giudiziarie, anche italiane, sono piene di persone condannate e scagionate dal solo dna, specie se il presunto assassino non conosceva la vittima, come pare nel nostro caso.

Eppure si va avanti raccogliendo testimonianze di persone che quattro anni più tardi ricordano perfettamente cosa fecero il pomeriggio del 26 novembre del 2010.

Si lasciano diffondere voci (smentite dall’interessata) su presunti amanti della moglie dell’indagato, come se l’essere traditi spingesse ad uccidere (fosse vero, saremmo un Paese di assassini).

Senza contare la miriadi di fesserie sulle discoteche, la tranquillità familiare, l’aspetto curato di Bossetti. Perché? Perché se il dna è veramente quello che è stato descritto, la vicenda non è chiusa?

Ora, già che ci siamo, viene rivelato che neppure il fratello di Bossetti è figlio legittimo. Già la cosa mette i brividi. Ma se un domani Bossetti venisse pure assolto, chi glielo spiega a Giovanni e al fratello che è stato tutto un equivoco?

Edoardo Montolli

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Edoardo Montolli

Edoardo Montolli, giornalista, è autore di diversi libri inchiesta molto discussi. Due li ha dedicati alla strage di Erba: Il grande abbaglio e L’enigma di Erba. Ne Il caso Genchi (Aliberti, 2009), tuttora spesso al centro delle cronache, ha raccontato diversi retroscena su casi politici e giudiziari degli ultimi vent'anni. Dal 1991 ha lavorato con decine di testate giornalistiche. Alla fine degli anni ’90 si occupa di realtà borderline per il mensile Maxim, di cui diviene inviato fino a quando Andrea Monti lo chiama come consulente per la cronaca nera a News Settimanale. Dalla fine del 2006 alla primavera 2012 dirige la collana di libri inchiesta Yahoopolis dell’editore Aliberti, portandolo alla ribalta nazionale con diversi titoli che scalano le classifiche, da I misteri dell’agenda rossa, di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti a Michael Jackson- troppo per una vita sola di Paolo Giovanazzi, o che vincono prestigiosi premi, come il Rosario Livatino per O mia bella madu’ndrina di Felice Manti e Antonino Monteleone. Ha pubblicato tre thriller, considerati tra i più neri dalla critica; Il Boia (Hobby & Work 2005/ Giallo Mondadori 2008), La ferocia del coniglio (Hobby & Work, 2007) e L’illusionista (Aliberti, 2010). Il suo ultimo libro è I diari di Falcone (Chiarelettere, 2018)

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