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I virus più pericolosi per tasso di mortalità

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Dall’ebola alla febbre di Marburg: i virus più pericolosi per tasso di mortalità

 

ebola

EBOLA– Si tratta del virus che sta facendo preoccupare in queste settimane. Di origine animale – alcuni pipistrelli e alcuni scimpanzè-, diffuso in tre Paesi, provoca febbre emorraggica, danni al fegato e ai reni. Porta alla morte in quattro giorni dai sintomi, si trasmette attraverso i fluidi corporei. Provoca la morte nell’80% dei casi. Una cura sperimentale si basa proprio sugli anticorpi sviluppati dai superstiti.

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FEBBRE DI MARBURG– Originata da un particolare pipistrello, ha colpito in Africa e, per ciò che concerne l’Europa, alcuni ricercatori di Marburg, in Germania, che lavoravano su reni di macachi. Così come accadde a Francoforte e Belgrado. Nel Congo, tra il 1998 e il 2000 l’epidemia colpì 154 persone, fatale per 128.  Tornò a colpire in Angola nel 2004, dove fece ammalare 374 persone, uccidendone 329, tra cui la pediatra italiana volontaria di una Ong Maria Bonino. Si tratta di una febbre emorraggica diffusa attraverso fluidi corporei con mortalità dell’88%. Non ci sono al momento cure definitive.

HENIPAVIRUS– Altro virus proveniente dagli animali, si divide in due specie molto pericolose: Hendra e Nipah, entrambi nominati così dai luoghi in cui sono stati isolati. Il virus Hendra colpisce i cavalli e le persone che vengono a contatti coi loro fluidi, proveniente dalle volpi volanti. Scoperto nel 1994, nel 1999 si trovò anche il Nipah, in un villaggio della Malesia, che può arrivare, in caso di manifesti segni clinici, ad una mortalità del 50%. In Malesia uno studio contò 265 ammalati e 105 morti. Nel 2004 in Bangladesh scovarono 42 casi e 42 decessi. Nel Nipah i responsabili furono ritenuti i pipistrelli mangatori di frutta e il contagio un contatto dell’uomo con fluidi di animali infetti, in particolare il maiale. 

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FEBBRE DI LASSA– Originaria della città nigeriana dove il virus fu scoperto nel 1969, viene trasmessa dal contatto con le feci di alcuni roditori e trasmessa da uomo a uomo tramite fluidi corporei. Se trattata in tempo ha una letalità inferiore all’1%, che sale fino al 20% nei casi in cui non viene presa in tempo.

 

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